Il National Transportation Safety Board vuole una stretta politically correct sugli spot delle auto: bandite le acrobazie
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Ci risiamo: per ridurre il numero degli incidenti negli USA il National Transportation Safety Board (NTSB) ha proposto di eliminare le acrobazie dalla pubblicità delle auto. ”Quasi un terzo delle nostre morti sulle strade sono legate all’eccesso di velocità, e questo tipo di pubblicità è pericolosa e contribuisce a una cultura dell’eccesso di velocità che costa vite umane”, ha detto la presidente della NTSB Jennifer Homendy. “Tutti, compresi i produttori di veicoli, condividono la responsabilità della sicurezza sulle nostre strade”. A chi questa pare una ”corazzata Potëmkin” di fantozziana memoria alzi la mano. Il piano è chiedere all’Insurance Institute of Highway Safety (IIHS) di trovare un collegamento tra la guida vivace mostrata nei commercial e le persone che guidano effettivamente in modo più pericoloso sulla strada. Tanti auguri! Persino David Zuby, capo ricercatore dell’IIHS, è scettico. Con tutto il rispetto per la scienza, voglio vedere come fanno a isolare i – presunti – effetti degli spot pubblicitari dalla miriade di altri stimoli che raggiungono il pubblico per altri canali. I film d’azione? Formula 1 e MotoGP? C’è l’imbarazzo della scelta. Il prossimo passo, naturalmente, sarebbe chiudere i cinema e mettere al bando il motorsport, immagino.
C’È CHI CI CREDE DAVVERO Non di meno, c’è chi riesce pure a difendere quella che chiaramente è l’ennesima s…parata del politically correct: ”Le pubblicità delle sigarette erano comuni nei programmi televisivi. Il primo passo per eliminare in gran parte il fumo dalla società è stato eliminare quelle pubblicità”, ha commentato un utente favorevole al provvedimento. Davvero? In Italia, il divieto di propagandare i prodotti da fumo è diventato legge nel 1983 (qui la fonte), ma la riduzione del numero dei tabagisti segue un andamento piuttosto costante fin dal 1957. Non è cambiato quasi nulla nemmeno dopo il 2003, quand’è entrata in vigore una legge che regolamentava il fumo negli esercizi pubblici, nei luoghi di lavoro, negli spazi adibiti ad attività ricreative e nei circoli privati, oltre a introdurre le scritte sui pacchetti di sigarette a ricordare che ”il fumo uccide”. Una vera e propria crociata. Vale la pena sottolineare che questi sforzi hanno certamente reso più vivibili i locali pubblici, ma non hanno accelerato l’abbandono delle bionde. Alla fine del 2022, la percentuale dei fumatori si attestava al 24%: poco meno del 27% registrato nel 2003. Il calo del 3% dell’ultimo ventennio è in linea con quello dell’8% circa registrato nei 46 anni precedenti, con una percentuale di tabagisti che è passata dal 35% al 27% tra il 1957 e il 2003 (fonte Istituto Superiore della Sanità).
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10/12/23
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