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Bruciare idrogeno naturale per ottenere corrente elettrica, una combustione che al suo termine produce solo acqua. Una tecnologia che ci spinge a ipotizzare città futuristiche green e che invece è già realtà in un remoto villaggio del Mali, dove la dicotomia tra le semplici capanne con tetti in lamiera e l’impianto di produzione di energia elettrica a idrogeno naturale ribalta completamente le nostre convinzioni.
Il futuro passa dal Mali
L’impianto del villaggio di Bourakebougou, attivo da circa dodici anni, è un esempio che sta facendo scuola ad altre realtà, oltre che per i dati relativi alle estrazioni, anche per la gestione di grandi serbatoi naturali di idrogeno. La presenza di H2 sul posto è stata scoperta nel 1987 durante delle trivellazioni idriche e da allora sono stati creati altri 24 pozzi grazie ai quali sono emersi nuovi accumuli di idrogeno. L’aspetto straordinario di questa storia è che, stando a recenti studi, dopo 11 anni di utilizzo per la produzione di energia elettrica non è stato registrato alcun calo di pressione come invece accade nei più conosciuti e studiati impianti di estrazione di gas e petrolio. Inoltre, i bacini meglio sfruttabili sarebbero quelli meno profondi, in quanto caratterizzati da un sistema dinamico: l’idrogeno si ricarica mentre produce.
La corsa all’idrogeno
Questo scenario ha aperto infinite possibilità e sono stati avviati nuovi studi che hanno rivalutato la presenza di idrogeno nel sottosuolo, riserve che potrebbero essere molto più abbondanti di quanto ipotizzato in passato. Da alcuni mesi ormai la corsa all’idrogeno è stata avviata in diverse zone del mondo, Stati Uniti, Brasile, Marocco, Francia, Australia. A spingere verso questa nuova direzione non è solo la comunità scientifica: viene in mente il caso della startup statunitense Koloma, che ha ricevuto 246 milioni di dollari da diversi investitori, tra cui il fondo climatico fondato da Bill Gates, per esplorare serbatoi di idrogeno naturale nel Midwest.
La variazione delle stime sulla quantità di idrogeno naturale utilizzabile è un dato da non trascurare se si considera gli enormi costi prospettati per la mitigazione e l’adattamento per contrastare gli effetti del cambiamento climatico; inoltre, ulteriore spinta in questo settore è data dagli allarmi sulla consistenza effettiva delle “scorte” dei combustibili fossili (petrolio e gas naturale), limitate e soggette a complessi scenari geopolitici. In poche parole, la corsa all’idrogeno ha oggi carattere di urgenza.
Una soluzione economica e green
Nella conferenza annuale sull’energia CERAWeek di Houston, che si è tenuta a cavallo tra il 18 e il 22 marzo, la questione riguardante la domanda di idrogeno è stata un tema sensibile. L’amministrazione Biden, dopo numerose critiche per i bassi sussidi per la produzione di idrogeno, sta sviluppando dei piani di sovvenzionamento per l’acquisto di questa risorsa. La sua importanza sta nel fatto che viene vista come potenziale sostituta dei combustibili fossili nei processi ad alta intensità energetica: parliamo della navigazione a lunga distanza, degli altiforni, insomma tutti quei processi industriali non facilmente alimentabili con l’elettricità.
Se finora la produzione di idrogeno è stata pensata attraverso la separazione dal metano o dal processo di elettrolisi per la separazione degli atomi di ossigeno e idrogeno, processi molto costosi, le riserve di idrogeno naturale hanno entusiasmato gli esperti perché eliminano la fase di produzione. Sarà solamente necessario perforare il suolo per creare degli idonei percorsi di estrazione.
Se gli ultimi studi geologici verranno confermati, l’estrazione di idrogeno naturale potrà dunque essere una fonte più economica oltre che priva di emissioni di carbonio, ma soprattutto rinnovabile poiché il sistema terra potrebbe dare origine a elevate quantità di nuovo idrogeno naturale ogni anno.
Esperimenti di futuro
Mentre gli studi sull’estrazione dell’idrogeno e il suo rilascio nell’atmosfera vanno avanti, ci sono già progetti che puntano all’idrogeno per alimentare intere città futuristiche. È questo il caso del progetto della città di Neom, sul Mar Rosso, un insediamento “marziano” dotato delle più innovative tecnologie alimentate da idrogeno verde. Per questo progetto l’Arabia Saudita ha stipulato una collaborazione con l’azienda statunitense Air Products and Chemicals per la produzione di idrogeno sotto forma di ammoniaca verde, al fine di renderlo economicamente vantaggioso per i trasporti e i settori industriali.
Anche l’Europa nel 2022, spinta dalla necessità di ricercare sicurezza e indipendenza dopo lo scoppio del conflitto russo-ucraino, ha scelto di investire nella produzione e nell’importazione di idrogeno verde, circa 20 milioni di tonnellate entro il 2030, ma l’avvento dell’idrogeno naturale, il cosiddetto idrogeno bianco, potrebbe rendere obsolete le scelte compiute e richiedere uno spostamento degli investimenti.
Le esplorazioni per individuare grandi serbatoi naturali di idrogeno sono in corso, una di queste è quella avviata in Francia, nella Lorena, dove pare sia stato individuato il deposito di idrogeno naturale più grande del mondo. Anche se il ruolo che avrà l’idrogeno bianco nella produzione della nostra energia elettrica non è ancora chiaro, la sua domanda sta crescendo in fretta e potrebbe più che quadruplicare entro il 2050.
Attualmente in Italia ci sono alcuni progetti portati avanti in collaborazione con l’Associazione Italiana Idrogeno (H2IT) che promuove il progresso nelle conoscenze e lo studio delle discipline per la produzione e utilizzo dell’idrogeno. Sono inoltre in corso, nel progetto NHEAT, degli studi per l’esplorazione di idrogeno naturale in alcune zone della Liguria e del Lazio. Insomma, la corsa al nuovo oro è cominciata.
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22/4/24
INSIDE OVER
https://it.insideover.com/ambiente/lidrogeno-naturale-e-la-corsa-globale-al-nuovo-oro.html