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Se lo scorso gennaio abbiamo visto come funziona un motore elettrico, andando alla scoperta dei componenti chiave e del modo in cui interagiscono al fine di dare l’energia necessaria all’automobile, oggi vediamo invece come si ricicla la batteria di un’auto elettrica e dove finiscono i pezzi che la compongono.
Il mondo, del resto, si sta riempiendo di batterie al litio, specie ora che i veicoli elettrici stanno diventando non solo più popolari, ma anche obbligatori. Con la richiesta in aumento, è necessario anche riciclarle affinché si possa evitare di sfruttare ed esaurire tutte le miniere naturali.
Oggi, pertanto, dopo avere raccolto le batterie bisogna smontarle, dividendo moduli e celle in una fase “meccanica” che porta al recupero di ferro, rame, alluminio, nonché del separatore e dei materiali di rivestimento. Dopodiché avviene il recupero dei materiali di valore tramite pirometallurgia e/o idrometallurgia: con il primo processo vengono recuperati metalli come nichel, cobalto e rame, mediante la liquefazione dei componenti ad alta temperatura; con il secondo, invece, vengono recuperati i metalli puri secondo un processo con solventi chimici.
Infine, avviene la purificazione dei materiali presso fonderie specializzate, cosicché le materie prime possano essere reimmesse nel ciclo produttivo. In questo modo, si garantisce una seconda vita ai componenti e si evitano i danni di eventuali parti pericolose non più utilizzabili.
È chiaramente un processo lungo e complesso ma, in un periodo in cui le auto elettriche sono troppo care – come afferma Carlos Tavares di Stellantis – e il futuro del settore sembra limitato dalla già prevista carenza di risorse naturali, è l’unica strada percorribile.
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