IN PRATICA
[1] Cass. sent. n. 20072/2016 del 6.10.2016.
[2] Art. 196 d.lgs. n. 286/1992.
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Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, sentenza 24 giugno – 6 ottobre 2016, n. 20072
Presidente Petitti – Relatore Picaroni
Ritenuto che il Ministro dell’interno ricorre con due motivi per la cassazione della sentenza del Tribunale di Como, depositata il 26 gennaio 2015 e notificata il 4 febbraio 2015, che, in riforma della sentenza del Giudice di pace di Menagglo n. 16 del 2012, ha accolto l’opposizione proposta da A.B. all’ordinanza-ingiunzione con la quale gli era stato intimato – in qualità di proprietario del veicolo, obbligato in solido ex art. 196, comma 1, del d.lgs. n. 285 del 1992 — il pagamento della sanzione di euro 7.370,81, per la violazione dell’art. 218, comma 6, del medesimo decreto – che punisce chiunque circola abusivamente nel periodo di sospensione della patente di guida – commessa da M.B., collaboratore saltuario del sig. B.;
che, secondo il Tribunale, il comportamento del sig. B. era chiaramente indicativo del divieto di mettere in circolazione la vettura di sua proprietà, alla cui guida era stato fermato B.;
che la predetta vettura si trovava parcheggiata nell’area di pertinenza della ditta del sig. B., era priva di copertura assicurativa e non era stata revisionata, e le chiavi della vettura erano custodite nel cassetto dell’ufficio, luogo non aperto al pubblico;
che, pertanto, la circolazione del veicolo era avvenuta contro la volontà del proprietario, e che il sig. B. ne aveva fatto uso abusivo;
che l’intimato A.B. non ha svolto difese.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata;
che con il primo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 6 della legge n. 689 del 1981, 196, comma 1, del d.igs. n. 285 del 1992, 116 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., e si contesta che non era stata raggiunta la prova liberatoria necessaria a superare la presunzione di circolazione del veicolo con il consenso del proprietario, giacché a tal fine non sarebbe sufficiente qualsiasi comportamento che manifesti il divieto di messa in circolazione del veicolo, essendo richiesto il riscontro di un concreto e idoneo comportamento ostativo specificamente rivolto a vietare la circolazione, che deve estrinsecarsi in atti e fatti rilevatori della diligenza e delle cautele allo scopo adottate (è richiamata Cass., sez. 3, sentenza n. 1.5478 del 2011, in tema di responsabilità civile);
che con il secondo motivo è dedotta violazione dell’art. 132, n. 4, cod. proc, civ. e nullità della sentenza per contraddittorietà della motivazione, nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto sufficiente, ai fini della prova della volontà ostativa alla circolazione, la custodia delle chiavi della vettura nel cassetto dell’ufficio del sig. B., a fronte del rapporto di collaborazione esistente all’epoca dei fatti tra B. e B., come riconosciuto dallo stesso Tribunale;
che la doglianza prospettata con il primo motivo è fondata;
che, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, l’art. 196 del d.lgs. n. 285 del 1992 prevede per il proprietario del veicolo l’obbligazione solidale al pagamento delle sanzioni pecuniarie conseguenti agli illeciti commessi dall’effettivo autore della violazione, «salvo che fornisca la prova che la circolazione sia avvenuta contro la sua volontà, da manifestarsi con un comportamento concreto, idoneo e specificamente rivolto a vietare la circolazione mediante atti e fatti indicativi della diligenza da valutarsi in relazione al caso concreto» (ex plurimis, Cass., sez. 6-2, ordinanza n. 22318 del 2014);
che, nel caso di specie, il Tribunale non ha valutato se il comportamento tenuto dal proprietario del veicolo – consistito nel mancato rinnovo dell’assicurazione, nella mancata revisione e nella custodia delle chiavi in un cassetto dell’ufficio – configurasse cautela idonea ad impedire, nel contesto di riferimento, la circolazione del veicolo da parte del collaboratore saltuario;
che l’accoglimento del primo motivo del ricorso, nel quale rimane assorbito il secondo motivo, comporta la cassazione della sentenza impugnata con rinvio al giudice indicato in dispositivo, che riesaminerà l’appello, facendo applicazione del suddetto principio di diritto, e provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Como, in diversa composizione.