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L’Europa ha gli ingredienti giusti per la direzione elettrica che ha intrapreso, ma ora deve usarli al meglio per raggiungere i risultati che si è prefissata. Quello che abbiamo discusso, tra vantaggi e criticità, a EVision 2024
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Le parole del titolo sono riprese da quelle di Julia Poliscanova, Senior Director for Electric Vehicles & Batteries at Transport & Environment. Una delle relatrici delle ben sei sessioni che hanno caratterizzato EVision 2024, di cui eravamo media partner, e che è l’evento organizzato a Bruxelles da Eurelectric, la federazione europea della mobilità elettrica.
Ho voluto riprendere le sue parole perché a mio parere sono il sunto di quanto si è detto in quest’occasione, che denota diverse potenzialità. L’Europa, infatti, è ad oggi il secondo mercato per importanza per le auto elettriche, dietro la Cina che però è ancora molto lontana. Ma le politiche scelte sono criticate da più parti, sia dai costruttori sia dalle altre industrie coinvolte e dagli utenti finali, perché serve maggiore decisione nonché più concretezza, oltre a uno sguardo più realista nei confronti dei consumatori.
Citando Kristian Ruby, Segretario Generale di Eurelectric, “L’Europa deve creare un mercato elettrico da sola, con la cooperazione di tutti i paesi europei senza dipendenze da Cina o USA, creare una rete e una nuova filiera che comprenda infrastrutture, dati interoperabilità“. Ma la strada è tutt’altro che semplice.
LA DIREZIONE C’È, MA NON LA COESIONE
Quello che emerge fin dal primo momento a EVision, è che in Europa le auto elettriche sono piuttosto diffuse, con una percentuale di mercato del 13% nel 2022 e del 16% nel 2023. Le prospettive per il 2024 sono abbastanza rosee, e secondo un rapporto di EY le vendite di EV in Europa supereranno quelle di ICE entro il 2027, ma ancora manca la svolta auspicata dai vertici europei.
Senza contare che non c’è coesione, e i paesi procedono a diverse velocità. Questo lo sottolinea Michael Cole, CEO di Hyundai Motor Europe e presente all’evento insieme alla gamma elettrica del brand, che dichiara: “C’è la Norvegia, con oltre il 90% di auto nuove immatricolate elettriche e infatti noi, come Hyundai, dall’anno scorso vendiamo solo la nostra gamma elettrica nel Paese. Per cui, nessun problema, così come in altre nazioni come i Paesi Bassi. Ma già in Germania, o soprattutto nei paesi dell’Europa orientale e meridionale come la Polonia, la Spagna o l’Italia, le cose sono più difficili. Non sto dicendo che l’obiettivo non sia giusto, ma ci sono delle difficoltà”.
Insomma, c’è una crescita a più velocità con politiche interne differenti che segnano la grande e sostanziale differenza tra l’UE, sempre in bilico tra una federazione di stati e la volontà di agire come uno Stato unico.
Mark Nicklas, Head of Unit Mobility alla Commissione Europea, dice che “siamo in una posizione dominante. Ci sono altri paesi, come il Giappone, che guardano cosa sta succedendo in Europa. […] Noi siamo in grado di fare gli investimenti necessari. Certo, gli USA hanno modus opernadi più semplici, mentre in Europa le cose sono molto più complicate“.
Sul fatto che ci sia un modello europeo in un certo senso è vero, perché la data prefissata dal Fit for 55 ha influenzato anche il Regno Unito e alcuni degli Stati federati americani. E lo conferma anche Marc Coltelli, eMobility Energy Leader in EY Americas: “Gli USA guardano molto all’Europa. Tradizionalmente è un Paese più orgoglioso, ma in questo caso siamo indietro, con meno di 7 milioni di veicoli elettrici. Tuttavia, quello che rende gli States più competitivi è che ci hanno messo meno di tre anni a raggiungere ciò che in Europa ha richiesto molto più tempo“. E, di nuovo, l’abisso è che per quanto ogni Stato federato abbia le sue politiche, c’è un sistema centrale a fare da guida, che ha promosso enormi incentivi (tra l’altro solo per auto americane) in tutto il Paese.
Poca coesione anche per quanto riguarda la rete, e proprio la mancanza di interoperabilità all’interno dell’industria elettrica è un problema. Lo denuncia anche Luca De Meo, CEO del gruppo Renault che ammette che “quando un costruttore automobilistico inizia a produrre auto elettriche, diventa parte dell’industria elettrica” e, per questo, ha spinto “per dotare la nuova Renault 4 di tecnologia V2G bidirezionale“, in modo da rendere anche l’auto parte di questo ecosistema.
Ma guardando a un piano più ampio, i singoli paesi hanno reti diverse che spesso non comunicano tra loro. “Solo in Svezia, ci sono 170 società di gestione della rete elettrica, in Germania sono più di 200. Questo rende l’interoperabilità una grossa sfida anche all’interno dei singoli paesi“. Un dato piuttosto paradossale, riportato con le parole di Åsa Petterson, CEO di Swedenergy, l’associazione che rappresenta tutte le 200 compagnie energetiche svedesi. . . . .
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8/3/24, FLEET magazine