(Giosuè Boetto Cohen – motoricorriere.it)
Al Museo dell’Automobile di Torino va in scena (dal 25 novembre al 26 febbraio) il percorso artistico, professionale e anche un po’ privato di Giorgetto, il «designer del secolo»
La mostra che il Museo dell’automobile di Torino dedica a Giorgetto Giugiaro («Giugiaro e il suo percorso», dal 25 novembre 2016 al 26 febbraio 2017) raccoglie una inedita montagna di documenti, disegni, dipinti, fotografie ed oggetti per raccontare come un ragazzo di campagna è diventato il «designer del secolo». Un inno alla creatività e alla ricerca, alla forze delle idee che solo la mente umana può immaginare. Un messaggio preciso ai giovani che troppo spesso, oggi, confidano nella onnipotenza del computer.
Il cervello umano prima di quello elettronico
Intendiamoci: anche il lavoro di Giugiaro passa ed è passato attraverso il computer e la Italdesign è nata ed è, ancora oggi, un mega-studio di progettazione. Dispone dei mezzi informatici più avanzati e in certi casi se ne inventa di nuovi. Ma lui, il «Guru», come viene descritto in una sezione della mostra, crea con un cervello umano, non elettronico. La grande caccia alla novità, alla bellezza, al rispetto della funzionalità e della concretezza, parte sempre dalla sua matita. Il digitale c’è, ma viene dopo, o è uno strumento. Non una lampada di Aladino. E molti dei suoi collaboratori più stretti, anche se sono giovanissimi, fanno lo stesso, la filosofia di base è quella del «Guru».
Anche le auto segrete
Ciò detto, nella mostra ci sono anche molte automobili, reali e virtuali, costruite e abbozzate, alcune famosissime, altre quasi segrete. E tutte sintetizzano il lavoro immenso che Giugiaro ha realizzato in sessant’anni di professione: cento concept car e più di duecento vetture di serie. Sulle pedane, tra le altre, ruotano la «Testudo» del 1963, la prima dream-car disegnata poco dopo essere arrivato da Bertone. Accanto alla Alfa Romeo 2000 sprint, la prima auto di produzione, della stessa epoca. Poi una fiammante Maserati Ghibli, realizzata poco dopo da Ghia.
Dalla Panda alla De Lorean di «Ritorno al futuro»
Saltando a tempi più recenti, il modello di studio della Panda, della Golf, lo splendido prototipo della Bugatti EB112, che ha ispirato le berline ad alte prestazioni più moderne. E poi la sua Ferrari privata, la GG50, il concept Brivido, la De Lorean di «Ritorno al futuro». La mostra è illustrata da molti filmati, alcuni di approfondimento, che è possibile seguire stando seduti. Raccolgono, oltre a un interessante faccia a faccia con il designer, materiali d’archivio inediti o poco noti. E poi la carrellata infinita di vetture di produzione, per esporre i quali non sarebbe bastato tutto il Museo di Torino.
autore: Giosuè Boetto Cohen – Corriere della Sera motori – 24/11/2016