(omniauto.it)
Il prototipo fu opera del designer Andreas Zapatinas, già autore delle Fiat Barchetta e Coupé
Subaru ripensa con poca nostalgia a un SUV apparso brevemente in Europa, il B9 Tribeca, lanciato dodici anni fa negli Stati Uniti e accolto fin da subito in maniera piuttosto tiepida. Le critiche erano indirizzate al frontale: appariva sgraziato e poco accattivante, complice la mascherina ribaltata e le vistose prese d’aria ai suoi lati. L’accoglienza del pubblico fu talmente negativa che la B9 Tribeca venne ridisegnata nel 2007, due anni più tardi, secondo una tempistica del tutto inusuale fra le case automobilistiche. La sigla B9, complice l’insuccesso del SUV, è stata dimenticata in breve tempo da Subaru e da tutti i suoi sostenitori, nonostante sia legata anche ad una vettura ben più riuscita e accattivante della Tribeca: la casa giapponese esibì nel 2003 il prototipo di una spyder a due posti secchi, la B9 Scrambler, evoluta sotto il profilo meccanico e molto più azzeccata in termini di stile.
Due ali per rinnovare la mascherina
La B9 Scrambler venne realizzata sotto la supervisione di Andreas Zapatinas, designer greco conosciuto nel nostro Paese per aver lavorato dal 1988 al 1994 con il gruppo Fiat: portano la sua firma le Alfa Romeo 145, Fiat Barchetta e Coupé. Zapatinas si trasferì in seguito a Subaru e venne incaricato di rinnovare lo stile della marca. La B9 Scrambler fu uno dei primi tentativi. Il designer puntò con decisione sulla mascherina anteriore, ispirata a due ali spalancate, che sarebbe poi stata ripresa dalla B9 Tribeca (con risultati disastrosi) e dalla Impreza (in maniera più accettabile). La B9 Scrambler misurava in lunghezza circa 4,20 metri e riprendeva alcuni elementi tipici delle spyder, come le luci posteriori incassate nel fascione o l’estrema pulizia delle linee esterne: le fiancate, ad esempio, sono prive anche delle maniglie. L’interno appariva invece più moderno, grazie al volante tagliato e alla leva del cambio sospesa dal pavimento.
Fino a 80 km/h va con l’elettrico
Il prototipo non era “soltanto” un esercizio di stile, ma adottava sofisticate tecnologie per il motore e il sistema di trazione. Sotto la carrozzeria c’era infatti il sistema ibrido Sequential Series Hybrid Electric Vehicle (SSHEV), composto da un benzina 2.0 con potenza di 140 CV e un motore elettrico da 136 CV, che poteva funzionare in maniera combinata o separata: l’unità elettrica interveniva per migliorare lo scatto da fermo o abbassare il consumo di benzina, visto che fino ad 80 km/h la B9 Scrambler poteva muoversi ad emissioni zero. La spyder adottava inoltre sospensioni a controllo elettronico e radar montati su entrambi i paraurti, che inviavano un messaggio d’emergenza alle forze dell’ordine in caso di incidente.
autore: redazione – omniauto.it – 27/03/2017
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