È da sei mesi che si festeggiano i 110 anni di Bugatti. E la prestigiosa casa automobilistica non ha alcuna intenzione di smetterla, almeno per tutto il 2019.
Ha iniziato il 26 agosto dell’anno scorso alla Monterey Car Week, prestigioso concorso di eleganza per auto d’epoca che si svolge nella città californiana. Ha proseguito con la recente presentazione della Bugatti Chiron edizione speciale per i 110 anni prodotta in soli 20 esemplari. E sublimerà, ma non si concluderà, il 6 settembre 2019 con l’arrivo a Molsheim del Rally dedicato alle Bugatti in partenza da Milano e che toccherà Monaco, Lione, Le Mans, Parigi.
Proprio a Molsheim, in Alsazia, allora tedesca oggi francese, esattamente 110 anni fa, nel 1909, nasceva la fabbrica di automobili Ettore Bugatti, dopo una certa gavetta iniziata già nel 1898.
Ettore Bugatti è, se vogliamo, un classico esempio di cervello italiano in fuga in tempi non sospetti. Nato a Milano nel 1881, Ettore Arco Isidoro Bugatti proveniva da una famiglia tutta particolare insediatasi a Nova Milanese, nell’operosa Brianza.
I geni di Ettore Bugatti
Suo padre Carlo è stato un famoso ebanista e progettista che si è distinto per un particolare stile Art Nouveau orientaleggiante. A sua volta, Carlo aveva ereditato la vena creativa dal padre Giovanni Luigi, scultore e architetto. Tra le altre cose, Carlo sembra che si possa fregiare della paternità della bicicletta da corsa, anche se non esistono referenze ufficiali in merito.
Carlo studia all’Accademia di Brera e alla Scuola Superiore di Belle Arti di Parigi. A Brera conosce Giovanni Segantini, noto pittore tra i massimi esponenti del divisionismo, che diventerà suo cognato, ovvero zio acquisito di Ettore, in quanto sposò la sorella di Carlo, Luigia, detta Bice. Per chiudere il cerchio, il fratello minore di Ettore, Rembrandt è stato un importante scultore, suicida a soli 31 anni.
Casa Bugatti, se non fosse ancora chiaro l’humus creativo di Ettore, era frequentata da personaggi come Giacomo Puccini, Ruggero Leoncavallo e lo scultore Ercole Rosa.
La passione di Ettore per i motori
Ettore, però, dimostra una maggiore propensione alla «creatività pragmatica» e nel 1898 finisce a fare l’apprendista nella nota Prinetti & Stucchi, officina meccanica milanese produttrice di macchine da cucito, biciclette e veicoli a motore, e si diletta nella costruzione e messa a punto di tricicli a motore.
Testa le sue creazioni di persona, facendosi un nome nel mondo delle corse. Nel 1898 costruisce la sua prima autovettura, la Type 1 e nel 1901 dà alla luce la Tipo 2 che presenta all’Esposizione Automobilistica di Milano, vincendo il primo premio.
Dopo una serie di Tipo, giunte fino al numero 12 e prodotte con l’aiuto di partner e finanziatori, primo tra tutti il padre, nel 1909 Ettore Bugatti trova la sua strada a Molsheim e fonda una casa automobilistica tutta sua.
Dopo alcuni modelli ancora da affinare e qualche motore per aerei, Ettore Bugatti fa il botto nel giro delle corse vincendo dal 1925 per cinque anni consecutivi la Targa Florio con vari modelli di Type 35. In totale, la Bugatti Type 35 ha vinto circa duemila gare, diventando l’automobile da corsa più iridata di tutti i tempi. Complessivamente Bugatti vinse 10mila corse, record assoluto di tutti i tempi.
Per inciso, la Type 35 poteva arrivare a 185 km/h di velocità massima, nel 1924. Tra il 1924 e il 1931 sono stati realizzati in totale 343 modelli di Bugatti Type 35 in diverse versioni. Oggi, un esemplare di questi viene battuto all’asta intorno al milione di euro.
La morte del figlio, i Nazisti, il declino
I problemi per Ettore Bugatti iniziano con la crisi del ’29. La sua Bugatti Royale, un progetto extralusso che voleva competere con le Rolls-Royce e le Maybach e che prevedeva parti in oro, viene venduta in soli 3 esemplari su 6 prodotti. Ma, nessun problema, i suoi motori saranno il cuore dell’Autorail, il primo treno ad alta velocità, antesignano del TGV e di diversi modelli di aereo. In 37 anni, Ettore Bugatti ha depositato più di mille brevetti e costruito circa 7800 vetture.
Ettore va avanti con la produzione di motori per aerei da 800 km/h fino a che, l’11 agosto 1939, l’amato figlio Jean (Gianoberto) muore a 30 anni durante il collaudo di una Bugatti Tipo 57. Poi arriva la Seconda Guerra Mondiale, i Nazisti requisiscono la fabbrica, Bugatti cede la sua creatura alla metà del valore, viene accusato di collaborazionismo, non può ricevere indennità di guerra perché è ancora cittadino italiano, dopo varie cause ritorna in possesso dell’azienda ma è troppo tardi. Un’embolia lo spegne lentamente nel 1947.
Neanche per la sua salma ci fu pace, prima sepolto a Père-Lachiase a Parigi, fu trasferito a Dorlisheim nel 1955 insieme al fratello e alla moglie, a 8 minuti di auto dalla sede storica della Bugatti a Molsheim, ancora oggi quartier generale dello storico marchio, attualmente sussidiaria della Volkswagen.
Vinicio Paselli