Secondo gli osservatori è soltanto un atto di politica interna
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L’allarme suscitato dalla decisione della Gran Bretagna sul posticipo al 2035 del divieto di vendere nuove auto a combustibili fossili sembra destinato a sgonfiarsi ben presto. Se la notizia ha suscitato non poche perplessità all’interno delle case automobilistiche, preoccupate per l’incertezza sugli investimenti e le ripercussioni sulle catene di approvvigionamenti, tale decisione non dovrebbe avere eccessive ripercussioni in ordine al ritmo del passaggio ai veicoli elettrici.
Ad annunciare l’intento del governo di Londra è stato il primo ministro Rishi Sunak, affermando che la decisione non è di carattere politico, bensì il risultato di una valutazione su ciò che sarebbe opportuno per il Paese. In molti, però, l’hanno interpretata come un tentativo di non inimicarsi una parte suo partito, i conservatori. Ovvero tutti coloro che non hanno nascosto la propria avversione per un passaggio ai motori elettrici visto alla stregua di un’imposizione.
Un atto ritenuto indispensabile in vista delle elezioni politiche del 2024, cui i conservatori si accostano in una situazione di crisi devastante e in caduta verticale per quanto riguarda i consensi. In questo quadro, secondo gli osservatori, Sunak ha pensato bene di non prestare il fianco alla fronda interna.
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Un aiuto alle classi popolari
Nel presentare la decisione di posticipare il divieto alla vendita di auto termiche al 2035, Sunak ha affermato che l’intento sarebbe quello di andare incontro alle esigenze delle classi popolari. Ovvero di quella fascia di consumatori già colpiti con grande forza dal ritorno dell’inflazione. Persone che, peraltro, devono scontrarsi con livelli salariali che rendono aleatorio il confronto con un mercato dei modelli green caratterizzato da prezzi ancora troppo elevati.
Secondo gli analisti di settore, però, con il suo annuncio il Premier avrebbe destabilizzato il settore. In pratica, le stesse aziende britanniche che si erano attivate per reperire investitori in un mercato relativamente piccolo, come quello derivante dalla Brexit, saranno ora costrette a convivere con una situazione di incertezza a livello di investimenti.
Occorre peraltro sottolineare come l’annuncio sul divieto di vendere auto termiche sull’isola, a partire dal 2030, con cinque anni di anticipo sull’UE, fosse stato pubblicizzato in pompa magna da Boris Johnson. L’allora primo ministro, infatti, lo aveva indicato come un grimaldello per affermare la leadership britannica sulla mobilità sostenibile. A molti è tornato in mente lo scontro tra i due personaggi politici conservatori, nel momento dell’annuncio di Sunak.
Auto elettriche e Gran Bretagna: cosa potrebbe accadere ora
A smentire la tesi di Sunak, è stato Philip Nothard, responsabile di insight e strategia per il Regno Unito all’interno di Cox Automotive. Secondo lui, infatti, la situazione era già stata caratterizzata da una pericolosa miscela con la politica. Tanto da dichiarare: “Avremmo dovuto essere al 2035 fin dal primo giorno, ma la situazione si è spostata perché è diventata parte di un dibattito politico. La tempistica invia il messaggio che le cose possono cambiare ancora, rendendo difficile per le aziende gestire le proprie strategie di investimento.”
Peraltro, la flessibilità invocata ora da Sunak era già parte integrante della scadenza originariamente fissata al 2030. La proposta originale del governo, infatti, prevedeva che le auto elettriche vendute entro il 2030 dovessero attestarsi all’80% delle vendite complessive. Mentre gli ibridi a basse emissioni sarebbero tollerati sino al 2035.
In base al nuovo piano, che potrebbe essere ufficializzato già nel corso di questa settimana, dovrebbe restare l’obiettivo di avere l’80% di veicoli elettrici entro il 2030, con il restante 20% che sarebbe costituito da un mix cui concorrerebbero modelli a combustibili fossili e ibridi fino al 2035.
Le reazioni dell’automotive britannico
A fronte delle reazioni critiche di alcune case automobilistiche, è da notare la flemma che distingue quella di Jaguar Land Rover. Un portavoce dell’azienda, infatti ha dichiarato: “Attendiamo con ansia la certezza che porterà il mandato ZEV (Veicoli a Zero Emissioni)”.
A confermare il fatto che, comunque, la decisione di Londra non avrà eccessive ripercussioni in ottica ambientale è il fatto che nel corso dell’anno passato il mercato britannico ha visto la vendita di circa 1,6 milioni di autoveicoli nuovi. Si tratta in pratica del 2% delle vendite globali, un dato tale da comportare un impatto abbastanza trascurabile sulle cifre complessive del settore.
Una tesi che, però, non trova d’accordo Andy Palmer. L’ex amministratore delegato di Aston Martin, infatti ha affermato che il posticipo del bando ai motori termici deve essere interpretato come l’ennesimo segnale della mancanza di un piano a lungo termine da parte del governo britannico.
Presidente della startup slovacca di batterie per veicoli elettrici Inobat, che stava valutando la possibilità di costruire un impianto di batterie in Gran Bretagna, Palmer non ha tutti i torti nello stigmatizzare quanto sta accadendo. La sua azienda, infatti, ha deciso di focalizzare le proprie attenzioni sulla Spagna. Con tutta evidenza si ritiene il Paese iberico portatore di una visione industriale a lungo termine molto più propizia di quella che caratterizza Londra.
Le case automobilistiche del resto, hanno già deciso di aderire con entusiasmo alla svolta green. Un fervore derivante dal fatto che la produzione di veicoli dotati di motori a combustione comporta costi molto più elevati. Ne è derivato un massiccio spostamento di investimenti sul settore elettrico, che necessita però di certezza normativa. Proprio per questo si è registrato un certo malumore all’interno delle stesse case.
Il passaggio alle auto elettriche è ormai una necessità
Secondo Andy Leyland, amministratore delegato di Supply Inside Chains, la decisione di Sunak non sposta in maniera significativa i termini della discussione. Per poter competere con Tesla e i produttori cinesi, ormai dominanti in Europa, è infatti necessaria la completa elettrificazione dell’automotive tradizionale. Soltanto in tal modo i prezzi saranno competitivi.
Un assunto che è già stato fatto proprio da Volvo, che la passata settimana ha annunciato l’intenzione di stoppare la produzione di modelli diesel, con conseguente concentrazione sull’elettrico entro e non oltre il 2030. Emulando in tal modo Ford e Stellantis, che hanno deciso di avviarsi nella stessa direzione nell’arco temporale in questione.
Il pratico risultato di questa vera e propria corsa all’elettrico si tradurrà naturalmente in un’offerta sempre più ridotta di modelli termici. Una corsa di fronte alla quale la mancanza di chiarezza del governo britannico non solo stona, ma desta preoccupazione. È lo stesso Palmer ad affermare con estrema decisione: “In Gran Bretagna non esiste alcuna strategia industriale, nessun intento per una strategia industriale e nessun desiderio di una strategia industriale”
Una vacuità che rischia di essere molto pericolosa per il Paese, in un momento in cui si accumulano i fronti pericolosi. La Gran Bretagna infatti, è al momento anche impelagata nella questione relativa alle regole sull’origine con l’Unione Europea. Ove non si riuscisse a porre una toppa in tal senso, le auto elettriche britanniche si troverebbero a dover convivere con dazi del 10% sul mercato continentale.
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25/9/23
clubalfa