Si avvicina il giorno in cui Tesla Model 3 comincerà ad andare a spasso per le strade europee, quelle italiane comprese. L’elettrica più attesa del momento attraversa l’Oceano e porta con sé la testa e il cuore, ma “dimentica” in patria il cervello. Primi esemplari sbarcati nel Vecchio Continente privi di Autopilot: scoglio, l’ufficio omologazioni olandese al quale Tesla si appoggia per le certificazioni Ue. Approvazione Autopilot in ritardo, il supercomputer c’è, ma è spento. Dalla California giungono comunque rassicurazioni: sistema attivo successivamente tramite aggiornamento software “over-the air”. Nel frattempo, mani sul volante e occhi incollati alla strada: niente cambi di corsia, svolte automatiche, frenate intelligenti.
Chi avesse speso i 5.400 euro per equipaggiare la sua Tesla Model 3 del programma di guida semi-autonoma più avanzato del panorama auto, non avrà appreso la notizia col sorriso. D’accordo il disguido, ma poiché la cronaca Tesla è zeppa di incidenti logistici e grane varie, la momentanea indisponibilità di un accessorio chiave ispira legittime lamentele. Il Costruttore rassicura i suoi clienti: niente paura, l’Autopilot vi raggiungerà in breve tempo. “Quanto” tempo? Tutto dipende dalle leggi Ue: in Europa la guida autonoma di livello 3 (il tasso di automatizzazione del quale è accreditata proprio Model 3) non ha ancora conquistato l’autorizzazione. L’elettrica più rivoluzionarla rischia di festeggiare un esordio a metà: sin troppo evoluta, per i nostri standard. Ecco la sua unica colpa.
Vinicio Paselli