L’obiettivo è tanto nobile quanto ambizioso: arrivare a un trasporto, pubblico e privato, che rispetti l’ambiente e produca meno emissioni nocive. È un obiettivo per molti Paesi, e in tanti si stanno muovendo in questa direzione. Anche le cause automobilistiche si sono concentrate sulla produzione di automobili green ed elettriche. In tale scenario la tecnologia avrà un ruolo decisivo nello sviluppo delle nuove infrastrutture della mobilità sostenibile urbana. Ma, come rileva il team di Pictet AM all’interno del blog Pictet per te, c’è ancora molto da fare.
Da uno sguardo sul mondo
Il Global Mobility Report della Banca Mondiale ha scattato una fotografia sullo stato della mobilità sostenibile nel mondo, e i risultati sono tutt’altro che positivi. Il settore dei trasporti oggi si poggia ancora su un elevato consumo di combustibili fossili, con un aumento delle emissioni di gas serra, inquinamento atmosferico e acustico. Inoltre, ricordano gli esperti di Pictet AM, c’è ancora una grossa fetta della popolazione mondiale che vive nelle zone rurali e che non ha accesso ai trasporti. Solo in Africa, circa 450 milioni di persone non hanno ancora la possibilità di raggiungere scuole, ospedali e posti di lavoro a causa della carenza di servizi di mobilità. La stima è che la transizione alla mobilità sostenibile permetterebbe invece a questo continente di diventare autosufficiente dal punto di vista alimentare, creando un mercato legato al cibo del valore di 1 trilione entro il 2030. Senza dimenticare che molta mobilità oggi poggia ancora sulle auto, mentre biciclette e trasporti pubblici collettivi o in condivisione crescono ma a fatica. Se si considerano tutti i costi legati a un’auto – prezzo di acquisto, benzina, manutenzione e il tempo sprecato per via del traffico – la transizione alla mobilità sostenibile permetterebbe di risparmiare 70 trilioni di dollari entro il 2050. Anche perché, ad oggi, il settore dei trasporti contribuisce ancora al 23% delle emissioni globali e al 18% di tutte le emissioni causate dall’uomo.
Ai migliori nel mondo
Arcadis ogni anno redige il Sustainable Cities Index, realizzando il ranking delle migliori grandi città al mondo nell’impegno allo sviluppo della mobilità sostenibile. Nell’edizione del 2018, in testa si trova Londra, seguita da Stoccolma ed Edimburgo. Quali sono i requisiti per entrare in tale classifica? Gli investimenti in infrastrutture a bassa emissione e le facilitazioni per raggiungere i luoghi di lavoro senza auto. Da sottolineare come in classifica vi siano anche Roma (40°) e Milano (42°), uniche italiane nella top 100.
E in Italia?
Parlando di Italia può risultare utile dare uno sguardo al rapporto “Mobilità sostenibile in Italia: indagine sulle principali 50 città”, elaborato da Euromobility con il Patrocinio del Ministero dell’Ambiente. Secondo il rapporto la città più “eco-mobile” d’Italia è Parma, saldamente in testa grazie alla presenza di un mobility manager di città, di servizi di sharing mobility e di una buona dotazione di servizi di trasporto pubblico. Chiudono il podio Milano, secondo posto, e Venezia, terzo. Chiude invece la classifica Catanzaro. Al di là della classifica, il dato più interessante del rapporto, e forse il più preoccupante è l’inversione del trend per la qualità dell’aria: 20 città rispettano tutti i limiti di normativa, contro le 23 del 2016. L’Italia è uno dei Paesi europei con il più alto tasso di motorizzazione, con una media di circa 65 auto ogni cento abitanti. Valori enormi rispetto alle capitali europee: a Parigi ci sono 36 auto per 100 abitanti come a Londra e Berlino, a Barcellona 41. Il risultato? Le nostre città sono soffocate dallo smog. Per Legambiente la sfida importante che oggi deve affrontare il Paese è «quella di fare della mobilità sostenibile il motore del cambiamento e di ripensare le città per le persone, non per le auto». Bisogna seguire l’esempio di città come Bolzano, Firenze, Pisa, Torino e Milano, dove il 50% degli abitanti usa già i mezzi pubblici, cammina e pedala.
Vinicio Paselli