Il sistema di condizionamento dell’aria in una macchina può essere manuale o automatico; nel secondo caso può anche riguardare a scelta un solo vano dell’abitacolo se si tratta di un impianto di aria condizionata bizona.
Il condizionamento manuale viene attivato da un comando fisico presente in genere sulla console centrale e contraddistinto dalle lettere A/C (talvolta il tasto prevede anche una spia luminosa).
Il climatizzatore automatico prevede un pannello di controllo mediante il quale impostare l’emissione del flusso di aria fredda all’interno dell’auto. Inoltre si può anche regolare la portata del compressore e il grado di apertura delle bocchette di areazione. Alcuni sistemi prevedono anche il passaggio alla modalità manuale.
L’aria condizionata funziona in modo da sottrarre calore: l’aria calda dell’abitacolo viene assorbita all’interno di un evaporatore in cui perde calore a contatto con un fluido refrigerante. A porre in circolo il fluido all’interno dell’impianto è un compressore; questi spinge il fluido in un condensatore dove si trasforma in liquido. Successivamente, viene trasferito in un serbatoio – dove vengono trattenute le impurità – prima di essere vaporizzato ed immesso all’interno dell’abitacolo.
Se il fluido è inferiore ai livelli standard il climatizzatore fa fatica a lavorare a pieno regime.
Il compressore è uno degli elementi fondamentali dell’impianto di refrigerazione dell’auto. Il dispositivo è costituito da una serie di pistoni a cilindrata variabile, così da poter assorbire dal motore solo la potenza necessaria per far funzionare l’impianto.
L’uso del compressore – non necessario per il riscaldamento o la ventilazione – impatta sui consumi dell’auto. Quando è attivato, infatti, il dispositivo comporta un dispendio supplementare di carburante per via dell’energia necessaria al suo funzionamento. Inoltre, più l’aria che entra nel condensatore è calda, maggiore sarà lo sforzo richiesto al compressore e, di conseguenza, maggiore sarà l’energia che questi deve sottrarre al motore. La cilindrata variabile dei pistoni del compressore consente, come detto, di regolare il consumo di carburante derivante dall’utilizzo del sistema di refrigerazione; questo genere di dispositivo è collegato direttamente al propulsore tramite un’elettrofrizione.
Il cattivo odore dell’aria condizionata è sintomo di un malfunzionamento. In questi casi, è probabile che il problema derivi dal filtro antipolline, ovvero il dispositivo che ha il compito di trattenere le particelle di impurità che dall’esterno potrebbero penetrare all’interno dell’abitacolo. Il filtro può essere di carta, in fibra vegetale o di carboni attivi. In quest’ultimo caso l’azione di filtraggio avviene per via chimica, è il metodo più moderno; i primi due sono invece di tipo meccanico perché impiegano un dispositivo fisico.
Un filtro sporco può provocare diversi scompensi, dal cattivo odore ad una perdita di potenza nell’erogazione dei flussi di aria calda e fredda. Per evitare questo genere di inconvenienti, il filtro abitacolo va cambiato con regolarità: la sostituzione (che ha un costo piuttosto contenuto) va effettuata ogni 5.000 – 10.000 km, oppure almeno una volta l’anno. Un filtro a carboni attivi va cambiato quando il carbone perde la propria capacità di filtro.
Ci sono poi alcuni accorgimenti che permettono di mantenere l’impianto di condizionamento in buono stato. Ad esempio, prima di spegnere il motore è consigliabile impostare il riscaldamento al massimo: così si evita la formazione di muffe all’interno del circuito di condizionamento (in particolare nell’evaporatore). Per non far ristagnare la condensa, invece, si può spegnere l’aria condizionata e azionare la ventola al massimo; se il problema è lo scarico della condensa, lo si può liberare utilizzando un getto di aria compressa e poi procedere ad una pulizia di tutte le componenti. Se questi piccoli interventi non sortiscono un effetto risolutivo, allora è il caso di passare ad una pulizia vera e propria del filtro: si può fare anche autonomamente, avendo cura di ripulire per bene la parte filtrante e di rimontare l’intero dispositivo nella maniera corretta.
Per evitare cali d’ efficienza, l’ideale sarebbe ricaricare il gas refrigerante dell’impianto ogni due anni; in alternativa, se questo lasso di tempo non è ancora trascorso ma l’auto ha già percorso 60.000 km, è bene controllare il livello del gas e – se necessario – ripristinarlo; contestualmente, si consiglia anche di controllare (ed eventualmente sostituire) il filtro disidratante che trattiene l’umidità e le impurità. Il costo della ricarica copre un range di prezzi piuttosto ristretto; di solito si attesta tra i 70 e gli 80 euro ma può variare leggermente in base alle tariffe applicate dall’officina che effettua l’operazione ma anche a seconda del modello di auto e delle dimensioni dell’impianto. Infine, quando si tratta di gas refrigerante, non è il caso di insistere con il fai da te: gli interventi di manutenzione sono tutto sommato semplici ma il gas presente negli impianti di condizionamento dell’auto (R1234yf) è altamente infiammabile. Per un controllo completo e per individuare perdite, si consiglia di rivolgersi sempre ad officine specializzate.
Vinicio Paselli
Fonte: https://newsmondo.it/aria-condizionata-auto/motori/?refresh_ce