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Il battery swapping è un sistema che permette di abbattere i tempi di ricarica delle auto elettriche sostituendo la batteria. Ecco come funziona, che vantaggi potrebbe portare e perché in Europa non decolla
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Battery swapping significa, letteralmente, scambio di batterie. È una tecnica che consiste nello scambiare appunto la batteria dell’auto elettrica scarica con una già carica. Azione che va a sostituire la ricarica, annullando così i lunghi tempi di rifornimento, visto ancora uno dei maggiori limiti dei veicoli a zero emissioni.
Di battery swapping se ne parla da diversi anni in particolare grazie a Nio, la “Tesla d’Oriente”, il costruttore cinese che più di tutti ci ha puntato, tanto da creare una sorta di alleanza. L’unico, cioè, in grado di crearne un ecosistema di successo, per la prima volta anche in Europa dove, però, è ancora piuttosto agli albori.
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BATTERY SWAPPING, IN CINA È UN SUCCESSO
Il primo a provarci fu Better Place, società fondata dall’israeliano Shai Agassi, che nel 2011 inaugurò la prima stazione di battery swapping, per poi dichiarare fallimento due anni dopo. Qualche tempo dopo ci pensò anche Tesla (la cui rete di ricarica è vastissima), che presentò a riguardo un progetto dettagliatissimo, mai realizzato. Il fallimento è la madre del successo, dicono, e sembrano in molti a crederci. Gli inizi non sono stati sfavillanti, ma c’è chi ne ha fatto tesoro, da tutt’altra parte.
Parliamo della Cina, oggi leader ella mobilità elettrica. E da Nio, che dello scambio batteria ne ha fatto la sua identità: ne ha iniziato a parlare nel 2018, quando promise 1000 stazioni. Al 2024, in Cina ce ne sono 2400, di cui 789 lungo la rete autostradale, mentre in Europa sono 40 divise tra Norvegia, Svezia, Danimarca, Germania e Paesi Bassi.
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Nio deve questo successo alla sua idea di Battery-as-a-service, in cui la batteria è scorporata dall’auto e rientra in uno dei tanti servizi che il costruttore offre a chi sceglie una delle sue vetture. Le stazioni saranno compatibili anche con le auto del nuovo marchio Onvo, più economico e pensato proprio per l’Europa.
Ma Nio non è l’unica. Sono oltre 200 le stazioni di battery swapping di BAIC, il secondo più grande produttore di veicoli elettrici cinesi, sparse in 15 diverse città e dedicate però a 16.000 taxi elettrici. Mentre Aulton, la più grande azienda cinese di battery swapping, sta portando avanti il suo piano di installarne 10.000 entro il 2025.
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LA BATTERY SWAP ALLIANCE
Nio ci crede così tanto che ha dato vita, a fine 2023, a un consorzio: la Battery Swap Alliance. A giugno 2024, ne fanno parte Nio stessa, Geely, Lotus, FAW, GAC Group, Chery, Changan Automobile e JAC, ma l’obiettivo è quello di includere più costruttori possibili.
William Li, fondatore e CEO di Nio, ha pensato all’alleanza sia per avere più risorse per sviluppare nuove stazioni, sia per rendere la sostituzione delle batteria un modello di tutto il mercato automobilistico, e non solo quello premium come accade ora.
La presenza di Lotus e Geely Group avrà sicuramente conseguenze anche in Europa, perché significa potenzialmente che anche le future Volvo, Polestar, Lynk & Co, Smart e appunto Lotus potranno godere di questo servizio, che del resto Geely aveva già iniziato a sviluppare da sola proprio in Cina.
Questo significa quindi creare una standardizzazione delle batterie, e non più singoli modelli divisi per costruttore come avviene ora.
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I PROBLEMI IN EUROPA
Il battery swapping è la soluzione al problema della ricarica, grazie a lui, l’auto elettrica impiegherebbe per rifornirsi meno tempo di quello richiesto da una vettura a benzina.
E se in Cina è un discreto successo, in Europa sembra non decollare. Vi è più di una ragione, tutte valide.
Il primo ostacolo è rappresentato dai costi. Le infrastrutture di swapping hanno prezzi ben più elevati di una semplice colonnina. Per non parlare poi degli investimenti richiesti per progettare e costruire strutture robotizzate in grado di rimuovere e reinserire autonomamente le batterie dei veicoli.
Il freno più grande, però, resta la standardizzazione. In Cina, dove la politica ha il potere di influire notevolmente sull’agire dell’industria, uno standard comune per la produzione di batterie per le auto elettriche non sembra un’utopia. Ben diversa è la situazione in Occidente, con i costruttori mal disposti a rinunciare alla possibilità di distinguere le prestazioni e l’autonomia dei propri modelli elettrici da quelli dei competitor. Senza considerare infine il vantaggio che ciò concederebbe al rivale più grande, i costruttori cinesi, ben più preparati a una produzione su larga scala.
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Anche la stessa Nio non ha riscontrato in Europa la stessa accoglienza in Cina: secondo i dati, i proprietari europei di Nio scelgono poco la batteria in abbonamento, cioè l’opzione che dà l’accesso allo scambio batterie. Al contrario, la maggior parte sceglie di comprare tutta l’auto, ricaricandola come una normale auto elettrica.
C’è da dire però, che le cose stanno cambiando. Stellantis, per esempio, insieme ad Ample ha avviato un folto programma per lo scambio batterie, con la 500 elettrica come auto di prova. Renault ha ormai una stretta partnership con Geely, che potrebbe essere “l’aiutante” nella realizzazione della nuova Twingo. Entrambe le aziende, quindi, sembrano intenzionate a questo approccio, dando slancio a questa tecnologia anche nel Vecchio Continente.
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12/6/24
FLEET magazine