Le conseguenze più serie saranno sul turismo di qualità, quello rispettoso, quello a valore aggiunto, quello sostenibile e a più alta capacità di spesa. Ecco perché
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Le norme che andranno a modificare il Codice della Strada italiano (una legge approvata nel 1992 e poi ritoccata varie volte) sono state approvate alla Camera; a breve si passerà al Senato e il grande rischio è che le nuove misure vadano in vigore entro la fine del 2024.
Ma perché “il rischio”? I funzionari e i dirigenti del Ministero delle Infrastrutture, spalleggiati dal Ministro Matteo Salvini, hanno scritto una riforma davvero inverosimile e sbalorditiva per distacco dalla realtà ma soprattutto per distacco da ogni buona pratica in questo ambito apprezzata in tutti i nostri Paesi partner in Europa. Basti pensare che nell’ambito di una napoleonica sottrazione di potere ai sindaci a favore dei prefetti, di fatto si impedisce ai primi cittadini di realizzare nuove Zone30 (molti ricorderanno le pretestuose polemiche di Salvini contro l’istituzione di una vasta Zona30 a Bologna che però sta già dopo pochi mesi producendo risultati apprezzabili sulla sicurezza stradale) quando invece ad esempio il nuovo Codice della Strada spagnolo (approvato nel 2022) obbliga i comuni ad istituirle nei centri storici. Ciò che sta diventando normale se non addirittura obbligatorio in tutta Europa, diventa di fatto vietato o difficilissimo da realizzare da noi. Una riforma che scava un solco attorno all’Italia, riportandola agli Anni Sessanta e agli anni del boom dell’auto. Facile prevedere che questo genererà problemi di sicurezza stradale con un ulteriore aumento di morti e feriti (con costi sanitari ed economici spaventosi) in un Paese – l’Italia – che ha già il record assoluto da questo punto di vista.
Sicurezza stradale, arte e cultura
Ma perché parliamo di sicurezza stradale in un giornale che si occupa di arte e di cultura? Non solo per sottolineare, casomai ce ne fosse bisogno, come si sta raccontando e collocando il nostro Paese rispetto agli altri Paesi occidentali e per stigmatizzare i danni che fa questo continuo sentirsi fermi immobili ad almeno cinquant’anni fa. Ma anche perché il Codice della Strada è la norma dello Stato che regola come sono organizzati gli spazi pubblici delle nostre città. E le nostre città, sempre o comunque molto molto spesso, sono un concentrato di patrimonio culturale, artistico, paesaggistico, urbanistico e architettonico che non ha tanti eguali nel resto del Pianeta. Invece di garantire una massima tutela a tutto questo ed una salvaguardia dall’attacco del trasporto privato, si va in senso contrario. I sindaci saranno fortemente ostacolati dall’istituire non solo nuove Zone30, ma anche nuove zone a traffico limitato e nuove isole pedonali. Per pedonalizzare una strada o una piazza un sindaco eletto direttamente dai suoi concittadini dovrà passare da una bizantina autorizzazione prefettizia dopo aver prodotto scartoffie e giustificativi: a molti passerà la voglia, se invece molti andranno avanti si creerà un tale congestionamento negli uffici dal rendere impossibile un iter autorizzativo sano. Il processo di espulsione delle auto dai centri storici (che è la norma in tutto il mondo) si arresterà e in alcuni casi potrebbe indietreggiare. Ai costi sanitari (e umani!) per i maggior incidenti e ai costi economici per la perdita di produttività dovuta alla congestione stradale, si aggiungeranno i costi di manutenzione visto che una delle cause principali di ammaloramento del nostro patrimonio artistico nelle città sono le automobili private. O dovremo investire di più sottraendo risorse pubbliche ad altro, oppure avremo un patrimonio sempre più ammalorato.
Codice della strada e turismo
C’è poi una ricaduta turistica. Il turismo estrattivo, straccione e superficiale non subirà un grande impatto: l’Italia è e rimarrà specializzata ad attrarlo purtroppo. Le conseguenze più serie saranno sul turismo di qualità, quello rispettoso, quello a valore aggiunto, quello sostenibile e a più alta capacità di spesa. Il turismo culturale, ad esempio, o il ciclo-turismo. Ci avviamo ad avere città – uniche in Europa – non solo con isole pedonali che faticano ad allargarsi, ma con una dotazione di piste ciclabili inaccettabile, con l’impossibilità di realizzare “case avanzate” sulle strade, con il divieto di concedere controsensi ciclabili. Sono quelle misure che hanno cambiato nell’ultimo quarto di secolo il volto alle principali città europee: Vienna, Berlino, Parigi, Londra. Peccato che i turisti migliori (quelli su cui dovremmo puntare) vogliono proprio quello, scelgono proprio quello, decidono le loro destinazioni in base a dove possono girarsi in sicurezza le città in bici o a piedi. Ed ecco quindi quanti addentellati ha un semplice codice della strada; che non è banalmente questione di limiti di velocità e di multe (che diventeranno sempre più difficili da comminare a chi si comporta in maniera pericolosa) bensì un dispositivo strategico che ha a che fare col mondo della sanità, con la capacità di attrarre o respingere investimenti e classe creativa e addirittura con la tutela del nostro patrimonio artistico e sulla possibilità di accogliere finalmente un turismo che dia valore aggiunto ai territori e non li depredi. Il Ministro delle Infrastrutture a quanto pare non capisce questa complessità, dovrebbero dunque muoversi i Ministri della Cultura, del Turismo e della Salute. Il tempo per fermare questo clamoroso errore è pochissimo.
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8/4/24
Artribune (M.Tonelli)