Per far funzionare le auto a guida autonoma serviranno computer che rischiano di inquinare tantissimo. Gli studi del MIT
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Più potenza di calcolo uguale più emissioni: che il web inquini ve l’avevamo già raccontato, in un articolo in cui indicavamo anche un sito che misura l’impatto ambientale dei siti. Ora un nuovo studio del MIT, Massachussets Institute of Technology, si concentra sui computer che in futuro faranno funzionare la guida autonoma delle auto e su quale sarà il suo impatto ambientale: ”Potrebbe diventare un grosso problema”, dice Soumya Sudhakar, una delle ricercatrici che hanno condotto lo studio. E in effetti le cifre emerse sono scioccanti.
La guida autonoma passa per il collegamento dell’auto alle infrastrutture
TECNOLOGIA ENERGIVORA Il primo passo dello studio è stato stimare le emissioni di CO2 (carbon footprint) determinate dai piloti automatici di un miliardo di veicoli robot che si muovano per appena un’ora al giorno. Quanto emerge dai calcoli è che, tutti insieme, questi veicoli avrebbero emissioni pari a quelle che ha oggi, complessivamente, lo stato dell’Argentina. Quanto basta per mandare Greta Thunberg su tutte le furie, a occhio e croce. E parliamo di un miliardo di veicoli, mentre al momento le auto circolanti sul Pianeta sarebbero circa un miliardo e mezzo.
Inquinamento da abbattere con elettrico e non solo
PIÙ POTENZA, MENO EFFICIENZA Il problema è che se la potenza di calcolo dei chip è fin qui cresciuta più o meno secondo la cosiddetta legge di Moore (il riferimento è a Gordon E. Moore, co-fondatore ed ex CEO di Intel), non altrettanto rapidamente è aumentata la loro efficienza. In pratica, se da un lato la potenza di calcolo dei computer raddoppia ogni due anni, per evitare che la situazione sfugga di mano il consumo dei chip dovrà diminuire molto più rapidamente di così, dimezzandosi ogni anno o giù di lì fino al 2050, dice lo studio: ”Un passo molto più rapido di quanto si sia mai tenuto”.
UN RITMO IMPOSSIBILE ”Se anticipiamo il problema, potremmo progettare veicoli autonomi più efficienti che hanno un impatto ambientale ridotto fin dall’inizio”, dice Soumya Sudhakar. Ma riuscirci non è così semplice. Da un lato si potrebbero realizzare computer sempre più specializzati, che ottimizzano i consumi semplificando le funzioni che sono chiamati a svolgere. Ma ciò sarebbe un incubo dal punto di vista delle economie di scala, per le quali sono più vantaggiosi componenti più versatili. Inoltre sarebbe difficile rendere queste macchine a prova di futuro, cioè in grado di adattarsi all’evoluzione dei software per 10 o 20 anni, come richiesto dal mercato automotive.
I DUBBI SUL TAVOLO Altra strada è lavorare sui software, ma il rischio – o almeno uno dei rischi – è che per risparmiare potenza di calcolo i sistemi possano dover diventare più lenti e meno precisi: a discapito della sicurezza, che è proprio il motivo ispiratore delle auto a guida autonoma. I calcoli del MIT, è bene dirlo, contengono significativi margini di incertezza, perché ”stiamo considerando un’applicazione emergente che non è ancora qui”, dice Sudhakar. È importante però porsi delle domande e cercare di giocare d’anticipo per non farsi cogliere in contropiede dai problemi. Si troverà la quadra?
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22/01/2023
fonte: Motorbox (da: MIT )