Il New York Times ha svelato i piani dell’Arabia Saudita, Paese che produce il 10% del petrolio mondiale, per fermare le auto elettriche. Si va dalle ricerche “truccate” a quelle per mantenere il vite le ICE, fino all’attività di lobbying e le pressioni sulle Nazioni Unite.
Che i maggiori produttori di petrolio al mondo non fossero interessati all’avvento – figuriamoci alla diffusione su ampia scala – delle auto elettriche, non dovrebbe sorprenderci. Da un’inchiesta del New York Times, però, emergere che il disinteresse dell’Arabia Saudita per le EV va ben oltre la scelta di non comprarle.
Non è cosa nuova che le auto elettriche siano anche tema politico ed economico: ogni giorno sentiamo partiti e leader politici esprimersi in favore o meno delle auto alla spina, ogni giorno le associazioni e unioni di lavoratori lamentano la potenziale perdita di capitale umano durante questa transizione. Il quotidiano americano, però, porta le prove di un vero e proprio coinvolgimento, un ruolo attivo dell’Arabia Saudita nel fermare la diffusione delle auto elettriche.
La mobilità a zero emissioni non fa bene al commercio, quando sei tu a commerciare il petrolio.
L’ARABIA SAUDITA CHE NON VUOLE LE ELETTRICHE
INGERENZE NELLE NAZIONI UNITE
Abbiamo già parlato della dichiarazione finale di Cop27, nella quale, per farla breve, le Nazioni Unite hanno completamente ignorato la questione automotive, consigliando di moderare il consumo di petrolio (senza stabilire tetti o limitazioni). Un documento conclusivo quantomeno spoglio per un summit incentrato proprio sul clima, secondo molti.
La risposta sarebbe, sempre secondo NYT, nelle ingerenze del paese saudita. Reali limitazioni all’uso di combustibili fossili sarebbero state bloccate dalle obiezioni sollevate dall’Arabia Saudita (non era sola: anche altri Paesi estrattori di “oro nero” ci hanno messo parola).
E se l’Arabia Saudita avanza una richiesta, sembrerebbe difficile non accoglierla: il 10% del petrolio venduto sul mercato mondiale arriva proprio dai giacimenti della compagnia petrolifera governativa, Saudi Aramco.
LE RICERCHE DIFFAMATORIE
Non finisce qui. I report dei New York Times hanno scoperto che molte ricerche scientifiche, circa 500 studi negli ultimi cinque anni, sarebbero stati foraggiati direttamente dai sauditi. Ovviamente, molte di queste indagini si concentrano sull’inefficienza o dubbia sostenibilità ambientale delle auto elettriche a confronto delle ICE.
Oltre a questi, a ricevere finanziamenti sono anche studi per trovare soluzioni ancor più efficienti per i motori endotermici, studi sulla produzione e il recupero del petrolio potenziato. Questo impegno “accademico” è costato all’Arabia Saudita circa 2,5 miliardi di dollari in ricerche. Molte delle quali condotte in università americane.
LA RICERCA PER LE AUTO ICE
Per permettere ai combustibili fossili di rimanere centrali nel panorama automotive, l’Arabia Saudita sta anche finanziando diversi progetti di efficientamento. C’è il progetto dell’Aramco Research Center di Detroit, che vorrebbe sviluppare un sistema di cattura e filtraggio dell’anidride carbonica allo scarico.
A quattro mani con Hyundai, i sauditi stanno lavorando sugli e-fuels (da molti considerati una risposta più “realistica” delle batterie al taglio delle emissioni).
L’ATTIVITÀ DI LOBBYING
Ovviamente l’inchiesta del Times si concentra sulle ingerenze saudite negli States, dove il Paese avrebbe speso tempo e denaro in attività di lobbying, capace di influenzare la politica e l’opinione pubblica: circa 140 milioni di dollari spesi dal 2016 ad oggi.
23/11/2022
fonte: FLEETMagazine