La conversione verso una mobilità elettrificata e integrata è la sfida dei prossimi anni. Preoccupa il mantenimento dei livelli occupazionali, ma c’è anche grande potenziale per l’emergere di nuove figure professionali.
In Italia si contano 1,6 milioni di persone che lavorano direttamente nella produzione e manutenzione del settore automotive, oltre a 400mila lavoratori coinvolti nella pianificazione e gestione della mobilità nelle aziende e nelle PA. Entro i prossimi 5-10 anni la transizione tecnologica toccherà tutti.
Possiamo raggrupparli in 10 categorie nei soli settori dei trasporti di persone e merci e delle attività artigianali e di servizio collegate (totale 1.592.520). Fonte: elaborazioni Randstad Research su dati Istat.
- Meccanici: attività di produzione riparazione assistenza 635.709
- Conducenti di mezzi di trasporto 612.035
- Attività commerciali e nei servizi 174.125
- Lavoro d’ufficio 76.699
- Impiegati nella manifattura 28.635
- Imprenditori e alta dirigenza 18.368
- Ingegneri 16.607
- Software 12.081
- Pianificazione e controllo 10.697
- Gestione operativa dei servizi e della mobilità 7.564
NUOVE RISORSE UMANE PER LA NUOVA MOBILITÀ
L’elettrificazione può essere vista come una minaccia all’occupazione – e lo è, se le imprese non evolvono – ma anche come una opportunità per la creazione di nuove professioni. Interessante è avere il punto di vista di chi si occupa di risorse umane.
Randstad Research Italia è un centro di ricerca del gruppo Randstad, nato all’inizio del 2019 e ha pubblicato un approfondito rapporto dedicato a “Le professioni per una rivoluzione buona della mobilità”, che ha individuato complessivamente 135 nuove professioni che porteranno avanti questo cambiamento.
135 NUOVE PROFESSIONI
Complessivamente il rapporto conta 135 nuove professioni della mobilità, tra cui spiccano:
- pianificatori di mobilità urbana sostenibile
- “change manager” per la transizione ai nuovi sistemi
- esperti di trasformazioni digitali critiche
- specialisti di sensoristica
- gestori di fabbriche dell’economia circolare
- gestori di MaaS (Mobility as a Service)
- esperti di telediagnostica
- sviluppatori di simulatori digitali per l’automotive
Si tratta di profili molto diversi, che spaziano da manager del mondo pubblico, privato e della ricerca, a ingegneri, tecnici, operai, artigiani, informatici, mobility manager, chimici, economisti e filosofi, che dovranno cimentarsi in professioni del tutto nuove.
MANIFATTURA E COMPONENTISTICA
Partiamo dalla manifattura: siamo passati da una produzione di 1,8 milioni di autoveicoli nel 1997 agli attuali 800.000. A fine 2019, l’ultimo anno pre-crisi, il saldo import-export era in negativo per 772.000 unità e 8 miliardi di euro.
La componentistica italiana si caratterizza, invece, per un export pari 18,7 miliardi e un saldo positivo di 5 miliardi: svolge quindi un ruolo importantissimo oggi e potenzialmente determinante nei prossimi decenni.
La resilienza della nostra componentistica dei trasporti rispetto al declino della produzione di autoveicoli rappresenta la chiave per capire i possibili scenari futuri della mobilità in senso ampio nel nostro Paese: saremo in grado di creare quei moltissimi posti di lavoro che richiede la trasformazione della nuova mobilità e beneficiarne in termini di posizionamento del nostro paese sui mercati internazionali?
L’Anfia, Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica, sostiene che l’Italia rischia di perdere, da qui al 2040, circa 73mila posti di lavoro, di cui 67mila già nel periodo 2025-2030. Il Ministero dello Sviluppo Economico, tramite una mappatura della filiera della componentistica italiana, evidenza come ci siano ben 101 imprese a rischio. Ci sarà quindi la necessità di ripensare a nuove competenze per molti lavoratori.
L’EVOLUZIONE DEL MOBILITY MANAGER
Il Mobility Manager è una figura professionale presente da due decenni sulla carta. Nato con il compito di presentare i piani di spostamento casa-lavoro per risolvere i problemi di mobilità all’interno delle nostre città, è rimasto a lungo lettera morta.
Secondo il rapporto Randstad, il Mobility Manager è troppo ‘human centered’ e non abbastanza focalizzato sull’analisi dei dati.
Nuovi ruoli professionali o competenze abilitanti capaci di gestire la ricchezza dei big data e l’intelligenza artificiale sono necessari per processare ed estrapolare informazioni.
Randstad parla di un nuovo ruolo, quello dell’“integratore”, cioè progettisti, gestori e Mobility Manager che abbiano competenze di integrazione dei dati e dei sistemi oltre a competenze complementari necessarie per la crescita della mobilità sostenibile.
L’OFFERTA FORMATIVA
Randstad Research ha mappato l’offerta di percorsi di formazione terziaria per nuova mobilità disponibili in Italia e ha selezionato un campione di percorsi tra lauree triennali, magistrali, a ciclo unico, master di 2° livello, lauree professionalizzanti e ITS.
In particolare, si contano:
- 19 corsi di lauree triennali nell’area “scienze della pianificazione territoriale, urbanistica, paesaggistica e ambientale”
- 13 lauree magistrali di “pianificazione territoriale, urbanistica e ambientale”
- 4 lauree professionalizzanti nei percorsi di Ingegneria Edile e Ambientale, 8 ITS della mobilità sostenibile
Dall’analisi emerge come le materie abilitanti sono presenti in misura diversa ma significativa in tutti i percorsi, ma i percorsi di laurea triennali, magistrali e professionalizzanti appaiono distanti dalle richieste attuali del mercato del lavoro, con una carenza generale di formazione relativa alla sostenibilità e al digitale. Le Academy aziendali, invece, sono più allineate al fabbisogno delle aziende. Da considerare anche l’importanza della formazione continua, che non si rivolga solo a lavoratori e disoccupati, ma che sappia attrarre anche gli inattivi.
22/11/2022
fonte: FLEET Magazine