Il prossimo 6 novembre (durerà dalle 6 di mattina fino allo stesso orario dell’8 mattina) scatterà lo sciopero nazionale dei benzinai. Sia gli impianti stradali che quelli autostradali resteranno chiusi per manifestare il loro dissenso contro la politica fiscale del Governo. Lo sciopero è promosso da tutte le organizzazioni di categoria: Figisc/Anisa Confcommercio, Faib Confesercenti e Fegica Cisl.
“Alla base dello sciopero ci sono le ultime misure fiscali che colpiscono una categoria con alle spalle già un periodo complesso per l’introduzione della fatturazione elettronica. A partire dall’invio telematico dei corrispettivi, in vigore per tutte le imprese il prossimo 1 gennaio, che obbligherà i piccoli gestori a dotarsi di un registratore di telematico e a ulteriori adempimenti. Ma lo stato di agitazione dipende anche da motivazioni economiche e contrattuali e da un sistema di relazioni con le compagnie fortemente danneggiato. Alla base dello stato di agitazione c’è un sentimento fortissimo di difficoltà e scontento verso un sistema in cui le compagnie petrolifere continuano a guadagnare sempre di più, lo Stato continua a guadagnare sempre di più con l’Iva e le accise e al contrario i benzinai, da sempre l’anello più debole della filiera, si trovano a fare i conti con margini di guadagno strettissimi e a dover improvvisare nuovi servizi per andare avanti”, il commento di Oscar Fusini, direttore di Ascom Bergamo Confcommercio.
In aggiunta anche quello di Renato Mora, presidente del Gruppo Gestori Carburante di Ascom: “I gestori incroceranno le braccia “contro l’illegalità ‘figlia delle liberalizzazioni selvagge’ e il mancato intervento di compagnie, organizzazioni e governo per riformare il settore. Secondo le stime il fenomeno dilagante dell’illegalità nella distribuzione dei carburanti vale numerosi miliardi di euro ogni anno, frutto di evasione di Iva e accise: una quota che si aggira intorno al 15% di prodotti “clandestini” sul totale dei 30 miliardi di litri erogati. È necessario, quindi, che il Governo attui una riforma complessiva che metta riparo ad oltre un decennio di deregolamentazione e che tuteli la categoria all’interno di un sistema oggi facilmente aggirabile. Inoltre, ci auspichiamo che il Governo convochi un tavolo con le compagnie petrolifere per discutere le condizioni economiche che hanno bloccato i margini di guadagno della categoria, fermi di fatto da più di 7 anni”.