Giù come birilli. Oltre 400 alberi nel 2018 (+870% rispetto al 2017), altri 200 solo negli ultimi tre giorni. E ieri l’ennesimo pino secolare che si è schiantato al suolo nel quartiere Prati, nel cuore di Roma, per poco non ammazzava due persone, un postino di 43 anni, Massimo Mignano, appena salito sulla Panda di servizio per le consegne, e un pedone di 52 anni, l’avvocato Luigi Lambo, giurista di rilievo, professore associato alla Business School dell’università Luiss, una figlia di 9 anni. Il primo, trasportato in codice rosso al Santo Spirito, se l’è cavata con una contusione al braccio e un grande spavento, ed è stato dimesso. Il secondo si trova tuttora in gravissime condizioni al policlinico Umberto I: ha subito lo schiacciamento toracico, rischia la paralisi degli arti inferiori, è sedato e la prognosi resta riservata. Quel pino, si scopre ora, andava abbattuto già nel 2017.
Virginia Raggi ieri ha chiesto «fondi speciali al governo», perché «il Comune non li ha». Servirebbero oltre 100 milioni, secondo fonti del Campidoglio. La sindaca vorrebbe «un piano straordinario per l’abbattimento di tutti gli alberi malati e arrivati a fine vita a Roma». Quasi 50mila pini, «piantati durante il regime fascista», per i quali, «non c’è alcun rimedio e non basta la manutenzione», è convinta Raggi, che da quando si è dimessa l’assessora all’Ambiente, venti giorni fa, ha preso in mano la spinosa delega al Verde. «Serve un’azione straordinaria che inevitabilmente cambierà il paesaggio di Roma. I pini fanno parte del panorama, ma non si può andare avanti così». E pazienza «se queste mie parole faranno adirare molti ambientalisti» (anche a 5 stelle…).
I CONTROLLI
Per ora è lei, la sindaca, a finire nel mirino per la mancata manutenzione, con le opposizioni che l’attaccano lancia in resta. Il maxi-appalto per potare e abbattere gli alberi è fermo dall’aprile 2017, impantanato nel vischio della burocrazia. E i tronchi continuano a venir giù appena il vento soffia più del normale: 380 richieste ai vigili del fuoco solo nelle ultime 24 ore, l’80% per fusti e rami caduti. L’albero precipitato ieri, alto 30 metri, era stato segnalato al dipartimento Ambiente del Comune da un anno e mezzo. A lanciare l’allarme erano stati gli agronomi che si occupano del monitoraggio del verde nel Centro storico. La prescrizione: «Abbattere immediatamente e con emergenza», fin dal settembre del 2017, appena erano partiti i controlli. Per questo il tronco era stato segnato con una X. Ma l’ordine di servizio alla ditta appaltatrice non è mai partito e ieri, complice il vento, è crollato al suolo come un fuscello.
«È assurdo, poteva capitare a chiunque, a Roma si rischia di morire per niente», dice la moglie di Lambo, anche lei avvocato. La donna, appena saputo dell’incidente ha avuto un mancamento. Francesco, socio di Lambo, accanto a lei, è sconvolto: «Roma è allo sbando dopo trent’anni di abbandono. Luigi è prudentissimo, quella strada tra casa e studio la percorre ogni giorno. Ora faremo causa al Comune».
Il pino è piombato su viale Mazzini, all’altezza del civico 101, di fronte alla Corte dei Conti, alle 9.30 colpendo quattro auto: oltre alla macchina delle Poste, una Citroën Xsara, una Fiat 600 e un’altra Panda. «È venuto giù all’improvviso», raccontano i testimoni. La strada è stata chiusa, l’albero e le auto poste sotto sequestro. Gli agronomi hanno chiesto l’abbattimento anche dei due pini vicini. I vigili urbani del Gruppo Prati stanno lavorando all’informativa da inviare al pm.
L’INDAGINE
La Procura ha aperto un fascicolo, al momento, per lesioni gravi. E presto potrebbero esserci i primi indagati. Il Codacons ha già chiesto di «accertare omissioni e negligenze dell’amministrazione». «Il pino crollato era stato monitorato nei primi giorni di consulenza – spiega Franco Milito, l’agronomo che ne ha diagnosticato la malattia – lo avevamo inserito in quel 2% degli 8mila alberi controllati da abbattere subito. Per questo era stato contrassegnato dalla X. La scheda inviata al dipartimento evidenziava la chioma in sofferenza e il fusto inclinato. Ma non si è fatto nulla».
Vinicio Paselli