Viterbo – Supercar dall’estero col trucco, dopo la deposizione fiume dell’ispettore Mauro Di Paola della polizia stradale che nell’udienza del 15 gennaio ha illustrato come funzionava il “sistema Marchetti”, ieri è stata la volta di un maresciallo della guardia di finanza che è invece entrato nei particolari della presunta truffa carosello sfociata nell’operazione “Déjà vu”.
Davanti al collegio presieduto dal giudice Silvia Mattei, anche il camionista e il titolare della ditta di autotrasporti di Capena che portavano materialmente in Italia le vetture che sarebbero state acquistate “sotto copertura” in Germania da Elio Marchetti.
Hanno spiegato come i pagamenti fossero effettuati dalle società cartiera di Pomezia e di Latina, “sollecitate se necessario dallo stesso Marchetti”, ma come le vetture venissero poi “sistematicamente scaricate all’uscita del casello autostradale di Orte oppure nel piazzale delle rivendite viterbesi di Marchetti, di solito il sabato sera, previo accordo telefonico con un suo collaboratore di nome Claudio”.
E’ il processo scaturito dall’arresto del 3 maggio 2017 dell’imprenditore del settore auto Elio Marchetti, 45 anni, accusato di associazione per delinquere finalizzata all’evasione fiscale sulle vetture di grossa cilindrata importate dall’estero in concorso con la dipendente Carla Corbucci e l’imprenditore pugliese Domenico Sordo, titolare dell’agenzia di pratiche auto di Foggia coinvolta nell’inchiesta. Ricorrendo a riti alternativi, sono invece rimasti fuori dal processo il pluripregiudicato foggiano Giuseppe De Lucia, titolare di una società di autotrasporti in Puglia, e l’altra dipendente di Marchetti coinvolta nell’inchiesta della procura, Emilia Tiveddu, nonché Simone Girolami, uno dei due fratelli di Latina titolari di altrettante presunte società cartiera.
L’indagine della guardia di finanza si sarebbe focalizzata sulla nazionalizzazione di vetture importate dall’estero con regime di Iva agevolata, in seguito a dati contrastanti sulle immatricolazioni tra agenzia delle entrate e motorizzazione civile.
“Una novantina le vetture commercializzate tra il 2015 e il 2016 da Marchetti, che le acquistava dal fornitore comunitario tedesco ‘First Trade Gmbh’ tramite due società cartiera di Pomezia e di Latina, ‘Pack Engine Italia’ e ‘Lux Car 2015’, sul cui conto venivano effettuati i bonifici, entrambe sconosciute al fisco, senza sede operativa, senza dipendenti e senza mezzi”, ha spiegato il maresciallo della finanza.
“Dalle indagini bancarie, sono emersi bonifici in ingresso su conti correnti delle società cartiera da parte delle concessionarie Gold Group e Elca di Marchetti, dirottati dalla Pack e dalla Lux alla società tedesca gestita da Adrian Glowats per l’acquisto di vetture che poi lo stesso Marchetti vendeva al cliente finale, l’acquirente privato, che col rivenditore viterbese sottoscriveva il contratto di vendita, scambiava assegni e bonifici”, ha proseguito il testimone, incalzato dai pubblici ministeri Stefano D’Arma e Eliana Dolce.
Argomenti ostici per i non addetti ai lavori, dall’Iva transnazionale alla cessione intracomunitaria senza Iva, sui quali hanno battuto durante il controesame i difensori, secondo i quali, inoltre, la Pack Engine Italia non sarebbe stata una scatola vuota, nonostante al suo indirizzo la finanza abbia trovato soltanto dei garage senza alcun marchio o insegna. Tra le attività della presunta società cartiera, intestata a Simone Girolami, un pilota con cui Marchetti condividerebbe la passione per i bolidi a due ruote e per la pista, risulterebbe infatti anche la vendita di motoveicoli, assistenza e ricambi.
Vinicio Paselli