(Omar Abu Eideh – ilfattoquotidiano.it)
Grazie al cosiddetto “decreto retrofit” è possibile trasformare la propria vettura da endotermica a elettrica senza doverla ri-omologare, proprio come per Gpl e metano. L’operazione è possibile per mezzi prodotti dal 2004 in poi, e i costi sono meno di un terzo rispetto all’acquisto di un’auto a batteria
Perché comprare un’elettrica nuova di pacca quando si può convertire la propria automobile benzina/diesel in una EV? Pochi infatti sanno che col relativamente recente “decreto retrofit” (D. M. T. n 219 del 1° dicembre 2015) la mobilità a emissioni zero è a portata di tutti. La questione è stata recentemente discussa nel corso di una conferenza stampa organizzata presso il circuito I.S.A.M. di Anagni, che da anni è impegnato nella sperimentazione di auto con motori endotermici/elettrici, sui sistemi di sicurezza e presto anche di guida autonoma.
Sostanzialmente, il cosiddetto “decreto retrofit” dà la possibilità di trasformare un veicolo endotermico in un veicolo elettrico, senza la necessità di ri-omologare nuovamente il veicolo, ma semplicemente aggiornando la carta di circolazione, seguendo lo stesso iter burocratico di chi installa un impianto GPL o a metano. Inoltre, grazie all’intervento della Commissione Europea sul decreto in questione, è stato abolito il passaggio che richiedeva il nullaosta della casa costruttrice, in nome delle norme sulla libera concorrenza e la libera circolazione delle merci.
I requisiti dei produttori e l’omologazione
Chi produce i kit di conversione elettrica deve essere accreditato presso il Ministero dei Trasporti e dimostrare, oltre alla bontà tecnica del progetto stesso, di essere in grado di realizzarli secondo un ciclo produttivo che garantisca la qualità e consenta a qualsiasi officina, regolarmente autorizzata ai sensi della legge, di montare la componentistica rispettando le specifiche e le istruzioni del costruttore.
Per la conversione non è quindi necessario ri-omologare la vettura: basta un aggiornamento sulla carta di circolazione, a condizione che non si alterino i sistemi di sicurezza della vettura di serie. Inoltre il veicolo riconvertito deve avere un range di potenza massima compresa tra il 65 e il 100 per cento dell’auto originale. La riqualificazione elettrica può essere operata sia su un veicolo circolante che su un veicolo in fase di produzione. Il costo dell’operazione, meno di un terzo rispetto a un veicolo elettrico nuovo, consente all’utente di gestire le risorse a disposizione per poi dotarsi di un pannello fotovoltaico e di un sistema di ricarica domestica. Da fonti rinnovabili, chiudendo così il cerchio della sostenibilità energetica sia per la propria casa che per la propria mobilità.
Quali auto possono essere riconvertite e con quali costi
Tecnicamente questa “riqualificazione” si può eseguire su qualsiasi mezzo prodotto dal 2004. Per quelli precedenti a tale annata bisogna prima verificarne la compatibilità elettromagnetica. Le riconversioni più interessanti sono legate ai veicoli commerciali, sui quali si ha un ritorno dell’investimento molto breve e quindi più vantaggioso.
Parliamo di costi: la spesa maggiore della trasformazione è costituita dalla batteria che genericamente però, viene noleggiata e quindi non incide sul prezzo finale. Ad oggi si parla di circa 5.000 euro, ma più si va avanti, più si coinvolgono cittadini e veicoli e più il prezzo scenderà. La previsione è che venga a costare, al netto della mano d’opera circa 3-4.000 euro. Ad ogni modo per valutare la convenienza dell’intervento, sia dal punto di vista economico che ambientale, si sta studiando un “indice di retrofit” che stabilisca in pochi passaggi la fattibilità economica di una conversione: i parametri presi in esame riguardano, la tipologia di vettura e il suo valore, il costo assicurativo e del bollo, il chilometraggio annuale e la manutenzione programmata.
L’azienda italiana
Oggi la Newtron Italia Srl è il primo costruttore accreditato al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti presso la Direzione Generale della Motorizzazione per lo sviluppo di sistemi di riqualificazione elettrica dei veicoli: l’azienda italiana ha predisposto svariati kit con diversi livelli di potenza in relazione al peso delle vetture. Per vetture fino a 1.000 kg, è previsto un motore elettrico da 20 KW istantanei e 40 kW di picco, e una batteria da 13 kWh: su una Smart, ad esempio, consentono un’autonomia teorica di circa 130 km. La velocità massima è autolimitata elettronicamente a 115 km/h, mentre con le presa di corrente domestica servono 6 ore per la ricarica. Il secondo step è previsto per veicoli da circa 1.500 kg e il terzo per mezzi di 2.000 kg in cui la potenza del motore può arrivare fino ai 110 kW.
Un modo per favorire la diffusione delle auto a batteria
Parlando di incentivi e infrastrutture, in questi primi anni di timida diffusione delle auto a batteria ci si è trovati di fronte a un muro. Sono mancati e mancano entrambi, ma perché sostanzialmente non c’è una quantità di veicoli elettrici in circolazione tale da giustificarli. Un cane che si morde la coda, insomma. “Con il decreto retrofit“, spiega l’onorevole Ivan Catalano, membro della IX Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni della Camera dei Deputati, “abbiamo deciso di affrontare il problema della trasformazione dei veicoli elettrici così come era già stato per GPL e metano, cercando una soluzione di transizione che consentisse di avere un nutrito parco circolante nel giro di pochi anni, ed arrivare rapidamente a un numero di veicoli sufficienti per giustificare lo sviluppo e la diffusione dell’infrastruttura di ricarica”.
autore: Omar Abu Eideh – ilfattoquotidiano.it – 14/12/2016