Dieci anni fa ero comodino, non usavo i mezzi, giravo per la città su una Peugeot 307 nera.
A un certo punto un vecchio mi batte contro il vetro. Dice, in maniera sbrigativa: «Spenga, che impuzza tutto! Non sente che schifo?».
Non fu particolarmente educato, non era un uomo bello spuntato dalle nuvole con la barba bianca e un’innata classe, era un vecchio pure un po’ bisturno, che si era fatto i fatti miei, mi aveva rotto le scatole, mi aveva detto di spegnere l’auto.
Però non gli dissi: Ma come si permette. Non gli dissi: Si faccia gli affari suoi. Stetti zitto.
Quell’uomo mi illuminò: perché senza saperlo ero pronto. Probabilmente un mese prima gli avrei detto «Faccio quello che mi pare», capivo invece in quel momento che non ero più disposto a giustificare che una mia piccola, stupida comodità danneggiasse gli altri: chiunque alle sette e mezza del mattino passasse sul marciapiede, chi abitava al piano terra o al primo o al secondo piano, danneggiavo quella strada, il quartiere Santa Rita, dieci cento mille diecimila un milione di automobili danneggiano l’Italia, l’Europa, il pianeta, per una piccola, stupida, egoistica comodità.
Non abbiamo il potere di convincere nessuno, però possiamo ripetere il messaggio, prima o poi qualcuno pronto lo troviamo: quando siete fermi, spegnete l’auto.