Costruire un ponte tra i componentisti automotive italiani ed europei e il Giappone, per stimolare le occasioni di business e incrementare gli scambi commerciali. È l’obiettivo del Jama-Clepa Business Unit che si è svolto a Venezia, una due giorni di lavori e incontri organizzata dall’Associazione europea dei componentisti guidata da Roberto Vavassori e dall’Associazione dei costruttori di automobili giapponesi, in collaborazione con l’Anfia, l’Associazione delle imprese della filiera automotive.
Due i punti saldi sul tavolo: la crescita delle esportazioni europee di componenti, al ritmo di circa 75 milioni all’anno, e la centralità del Giappone sul fronte produttivo, con 9,28 milioni di motoveicoli e 7,83 milioni di autoveicoli prodotti nel 2015. Una produzione domestica sì in calo rispetto al 2014, ma su volumi assai significativi. A livello globale, invece, la produzione dei costruttori giapponesi continua a crescere, nel 2015 ha raggiunto i 18 milioni di autoveicoli. nel periodo 2010-2015, la produzione dei car maker giapponesi è cresciuta del 12% in Europa, del 45% negli Stati Uniti e dell’85% in America Latina. Quanto alle importazioni di vetture, il mercato giapponese apprezza i brand sportivi e del lusso italiano, con Abarth cresciuta del 313,5%, Lamborghini dell’86,6%, Ferrari del 28,3 e Maserati del 3 per cento.
«I componentisti europei e italiani hanno mantenuto relazioni industriali forti coi i car maker giapponesi – sottolinea Vavassori – realzioni che potrebbero essere ulteriormente rafforzate e stimolate con la futura approvazione del Free Trade Agreement (Epa/Fta) tra Europa e Giappone. Ci auguriamo che si arrivi presto ad una conclusione per avere benefici pratici derivanti dall’abbattimento delle barriere».
Il valore complessivo degli scambi commerciali di componenti e parti per autoveicoli, secondo le elaborazioni dell’Anfia su dati Istat, è passato da 562 milioni di euro nel 2011 a 520 milioni nel 2015. In questo periodo le importazioni dal Giappone sono diminuite del 32% mentre le le esportazioni sono aumentate del 26,5%, da 230 a 301 milioni. Il saldo commerciale è passato da un valore negativo di 86 milioni nel 2011 a uno positivo, di 82 milioni nel 2015. «Il Giappone – come ricorda Aurelio Nervo, presidente dell’Anfia – è il primo paese di destinazione per la componentistica Made in Italy in Asia. I suppliers italiani, inoltre, forniscono componenti chiave ai sistemisti giapponesi che operano in Europa e negli Stati Uniti».
Collaborazioni ad ampio spettro, dunque, come è il caso di Brembo, gruppo specializzato nella produzione di sistemi frenanti presente in Giappone sin dagli anni Novanta. «Brembo è entrata in punta di piedi sul mercato giapponese – racconta Fabio Casablanca, general manager del gruppo di Bergamo – da sempre attento alle eccellenze. La prima collaborazione avviata è stata nel settore delle moto da competizione, con Honda e Yamaha, più tardi sono arrivate le automobili, il primo cliente è stata la Nissan. Con Honda, in particolare, abbiamo sviluppato una collaborazione negli Stati Uniti e a breve forniremo la nuova NSX». Il valore aggiunto della collaborazione con i giapponesi? «La forte attenzione sui processi di innovazione applicati al settore manifatturiero» spiega Casablanca.