Sviluppo e l’evoluzione dell’iniezione diretta di benzina
Ormai le auto con motore ad accensione per scintilla che impiegano sistemi di iniezione diretta sono diffuse quanto quelle nelle quali il carburante viene spruzzato nei condotti (soluzione che da qualche decina di anni ha soppiantato la vecchia alimentazione a carburatore).
Già nell’Ottocento, quando si cercava di trovare un sistema per alimentare in maniera soddisfacente il motore con carburante liquido (e quindi agevolmente trasportabile, al contrario del gas, impiegato per i motori industriali), i tecnici avevano ipotizzato di poterlo immettere sotto una certa pressione nei condotti di aspirazione o addirittura nei cilindri. La cosa presentava però grandi difficoltà. E d’altro canto stavano entrando in scena soluzioni più semplici, che consentivano di far miscelare il carburante stesso sotto forma di goccioline (se non addirittura di vapori) con l’aria, la quale provvedeva quindi a trasportarlo nei cilindri durante la fase di aspirazione. Stavano cioè nascendo i carburatori. Fondamentali per il loro sviluppo, dopo anni di impiego di primitivi sistemi a sfioramento (o a superficie che dir si voglia) e perfino a stoppino, sono stati i lavori svolti da Benz e soprattutto da Maybach tra il 1884 e il 1894.
In quanto al carburante, si trattava usualmente di frazioni leggere ottenute dalla distillazione del petrolio greggio. Insomma, venivano impiegate delle benzine, anche se dalle caratteristiche non standardizzate e quindi fortemente variabili, che per lungo tempo sono state generalmente chiamate in modi diversi (per inciso, il termine “Benzin” è apparso in Germania nel 1833, ma per diverso tempo è rimasto relegato all’ambito chimico). Di numero di ottano, curve di distillazione, accuratezza della dosatura e via dicendo, neanche parlarne…
I primi sistemi di iniezione, assai rudimentali, erano indiretti. Sembra che il primo utilizzato di serie sia dovuto alla Deutz, che lo ha impiegato su alcuni motori industriali prodotti dal 1898 all’inizio del Novecento. Pure nel motore dell’aereo dei fratelli Wright, che ha effettuato il primo volo nel 1903, non c’era un carburatore; il carburante non era aspirato dalla corrente d’aria diretta verso i cilindri ma veniva immesso nei condotti di aspirazione (si faceva cioè ricorso alla iniezione).
Il primo motore a iniezione diretta del quale si abbia notizia è stato l’Antoinette, destinato ad essere impiegato su aerei e piccole imbarcazioni. Progettato da Leon Levavasseur era un V8 che già nel 1904 aveva iniziato le prime prove e che è stato prodotto dal 1906 al 1910. È rimasto però un caso isolato. I carburatori ormai funzionavano bene, erano semplici e costavano poco…
Dove invece si puntava con decisione sui sistemi meccanici di iniezione diretta era nel campo dei motori diesel. Gli studi e le sperimentazioni hanno avuto inizio già negli anni Dieci del Novecento; nella prima metà del decennio successivo la Bosch è stata in grado di mettere in produzione le sue pompe in linea ad alta pressione e con portata variabile e i relativi iniettori. È iniziata così la storia dei diesel per autotrazione. I primi autocarri con questo tipo di motore sono apparsi nel 1924 (per entrare in produzione di lì a poco) per merito della MAN e della Benz. La prima auto a gasolio, la famosa Mercedes 260 D, risale al 1936.
Meritano un cenno anche i motori policombustibile Hesselman, che utilizzavano come combustibile normale il gasolio o il petrolio ma partivano a benzina. Destinati ai trattori e agli autocarri, sono stati costruiti in Svezia dal 1925 agli anni Quaranta; erano a iniezione diretta e utilizzavano una candela per l’accensione. In Germania gli ottimi risultati ottenuti nel settore dieselistico hanno spinto i tecnici a studiare sistemi di iniezione analoghi, utilizzabili anche sui motori a benzina. Le ricerche sono state coronate da successo e hanno portato all’impiego della iniezione diretta su motori d’aviazione costruiti in gran serie a partire dal 1936-37 (Junkers Jumo 210 e Daimler-Benz DB 601).
Dopo la seconda guerra mondiale, sistemi di iniezione diretta sono stati impiegati su due piccole vetture tedesche a due tempi, con il principale obiettivo di ridurre i consumi. Si trattava della Gutbrod Superior, azionata da un bicilindrico di 600 cm3, e della Goliath GP-900 E (i loro motori sono stati dotati di iniezione diretta rispettivamente dal 1952 e dal 1955).
Nei due tempi l’iniezione nel cilindro può essere effettuata a luce di scarico chiusa, evitando così la perdita di carburante in fase di lavaggio, “male” tipico dei motori di questo tipo, se alimentati in modo tradizionale, cioè per mezzo di carburatori.
L’iniezione diretta è stata impiegata anche su motori automobilistici di grande successo. Basterebbe ricordare le straordinarie Mercedes Benz di Formula Uno che hanno trionfato nel 1954 e del 1955 e la 300 SLR che ha conquistato il mondiale per vetture Sport nel 1955 (vincendo anche la Mille Miglia a media record). Nello stesso periodo la casa di Stoccarda ha usato questo sistema di alimentazione anche sulla 300 SL di serie. Pure la Borgward ha utilizzato l’iniezione diretta sulla RS, dotata di un motore di 1500 cm3, che è stata grande protagonista dell’europeo della montagna nella seconda metà degli anni Cinquanta. Anche in questi casi veniva utilizzato un sistema meccanico realizzato dalla Bosch, che derivava direttamente da quello in precedenza impiegato in campo aeronautico.
In seguito l’iniezione diretta è caduta in disuso (salvo essere impiegata dalla Ferrari su alcuni suoi ottimi motori di Formula Uno di 1500 cm3 nella prima metà degli anni Sessanta). Quella indiretta era più semplice, più facile da mettere a punto e costava meno…
Il ritorno in scena della iniezione diretta si è avuto sui motori di serie nella seconda metà degli anni Novanta. I nuovi sistemi, tutti a controllo elettronico, sono stati sviluppati sotto la spinta di una esigenza che stava diventando sempre più pressante: quella di ridurre i consumi e quindi anche le emissioni di CO2. Per metterli a punto è stato necessario superare difficoltà di notevole portata, legate principalmente al ridotto tempo a disposizione per l’immissione di piccolissime quantità di carburante, che doveva distribuirsi come opportuno in seno alla massa d’aria e vaporizzare completamente.
Sono state sviluppate diverse “strategie”, alcune delle quali hanno consentito di fare funzionare il motore, in certe zone del campo di utilizzo, con miscele a titolo complessivamente assai magro. Le varie soluzioni, che hanno anche reso necessario l’impiego di pistoni con cielo dotato di una conformazione particolare, comportano differenti disposizioni degli iniettori e diversi schemi per quanto riguarda la forma e la disposizione dei getti di carburante che emettono.
Le modalità con le quali si svolge l’immissione della benzina sono di grande importanza; risulta fondamentale un accurato controllo dei momenti di inizio e di fine iniezione, oltre che della pressione. E le iniezioni multiple, ossia “spezzettate” in più fasi, sono ormai diventate una realtà. Nel 2001 la Audi ha iniziato a vincere a Le Mans con una vettura azionata da un motore a benzina a iniezione diretta e gli attuali V6 di Formula Uno impiegano questo stesso tipo di alimentazione.