Le macchine che, per cilindrata, dimensioni o anno di circolazione generano sospetto nel fisco e fanno scattare un accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate: ecco quali sono.
Hai mai pensato che dietro l’acquisto di un’auto nuova possa esserci il fisco a chiedere la sua parte? Succede tutte le volte in cui il prezzo pagato e i costi di gestione del mezzo (benzina, assicurazione, bollo, manutenzione, ecc.) possono generare qualche dubbio in merito alle capacità del contribuente di permettersi una spesa simile. In buona sostanza, quando si spendono troppi soldi, più di quanti sia ragionevole rispetto al reddito dichiarato all’Agenzia delle Entrate, si va incontro a un accertamento fiscale. È colpa del redditometro, uno strumento utilizzato dall’ufficio delle imposte, e periodicamente sottoposto ad aggiornamenti legislativi, che mette su una bilancia le spese del contribuente e le relative entrate (almeno quelle dichiarate ufficiali): quando c’è una sproporzione in favore delle prime superiore al 20%, il fisco presume che i “soldi in più” con cui sono stati finanziati gli acquisti siano frutto di evasione. E non c’è modo di fargli cambiare idea se non fornendo prove scritte che dimostrino la disponibilità di denaro esente dalle imposte o già tassato alla fonte.
A questo punto ti chiederai quali sono le auto nel mirino del redditometro. Non vorrai infatti, dopo aver letto questo articolo, cadere proprio tu nella trappola del fisco e subire un accertamento per via di una cilindrata troppo alta. Di tanto parleremo qui di seguito; lo faremo tenendo conto di alcune recenti pronunce della giurisprudenza che possono offrire un chiarimento in merito.
Auto soggette a controlli fiscali
Esistono auto soggette a controllo fiscale? In teoria no, in pratica sì. Cosa significa esattamente? Che non è tanto, in sé per sé, il mezzo acquistato dal contribuente a generare un sospetto nell’Agenzia delle Entrate, quanto piuttosto il rapporto tra il prezzo pagato e gli oneri di gestione, da un lato, il reddito dichiarato all’erario dal titolare dell’auto dall’altro. Tanto più c’è sproporzione, tanto più facile sarà, per il fisco, presumere che il bene è stato comprato con soldi in nero.
Il tutto sulla base di un ragionamento di logica comune: a ogni spesa corrisponde un reddito, di solito. Questo significa che anche un mezzo usato, ossia di seconda mano, può far scattare il redditometro nei confronti di un disoccupato che non ha un lavoro. «Con quale denaro hai pagato il venditore e come acquisterai il carburante?» gli chiederà l’ufficio delle imposte. Sono domande più che lecite, a cui solo il contribuente può dare una risposta. Ed allora, ben venga dire che i soldi provengono da mamma e da papà, ma purché lo si dimostri. Ecco perché sarà bene che ci siano sempre prove tangibili che solo la tracciabilità di un bonifico o di un assegno possono garantire.
Auto nel mirino del redditometro
Tornando alle auto nel mirino del redditometro, dicevamo che, in pratica, ben esistono modelli più “pericolosi” rispetto ad altri. Quali sono? Indicheremo alcune categorie sulla base delle sentenze più recenti.
Suv e fuoristrada
Una prima indicazione ce la dà una recente sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio secondo cui i suv, specie quelli di una importante casa automobilistica, sono più sospetti delle altre macchine.
Nel caso di specie i giudici hanno dato ragione all’Agenzia delle Entrate confermando l’accertamento con metodo sintetico che metteva in luce la capacità contributiva in capo a un contribuente dal momento che possedeva un fuoristrada e una collaboratrice domestica. Si tratta – a detta dei giudici – di importanti indici di ricchezza rilevanti sia da un punto di vista gestionale che per incrementi patrimoniali. Come spiega la commissione regionale, il legislatore con il metodo sintetico ha cercato di realizzare uno strumento – il redditometro, appunto – che, basandosi sul sostenimento di determinate spese, consentisse di determinare la reale capacità contributiva di un soggetto. La logica alla base dello strumento è che «a ogni spesa corrisponde, di norma, un reddito».
L’amministrazione, nella specie, ha «legittimamente» fondato l’accertamento, evidenziando la sussistenza di precisi elementi indicatori di maggiore capacità contributiva; al contrario, il contribuente, cui incombeva la prova contraria alle deduzioni dell’ufficio, non ha documenti idonei a giudicare la sua situazione economica, tali da contrastare i sospetti del fisco. Documenti che potevano, tuttavia, essere solo le prove della disponibilità di redditi esenti (come quelli derivanti dalla vendita di un oggetto usato o da un risarcimento) o già tassati alla fonte (come le vincite dal gioco) o, in ultimo, i regali di qualche familiare (il bonifico del padre, della madre, ecc.)
Auto di lusso
Una seconda categoria di auto nel mirino del redditometro sono le auto di lusso, quelle cioè che scontano il superbollo. Tali sono quelle con oltre 185 kw di potenza (ti ricordo, in proposito, che il superbollo è pari a 20 euro per ogni chilowatt di potenza del veicolo superiore a 185 chilowatt).
Puoi sapere quanti chilowatt ha un’auto leggendolo nel relativo libretto circolazione. Se si tratta di un’auto da acquistare puoi sapere in anticipo quanti chilowatt ha con una semplice operazione matematica: devi individuare i cavalli motore del veicolo in questione (indicati dal produttore e presenti in qualsiasi giornale con i listini prezzo) e dividere tale numero per 1,35962. Ad esempio un’auto con 120 cavalli ha circa 88 Kw di potenza. Dunque, il superbollo è dovuto dalle auto con più di 251 cavalli.
Ogni casa automobilistica produce auto, dello stesso tipo, con cilindrate diverse. Quindi, per non destare sospetti al fisco, devi acquistare un’auto con meno di 251 cavalli. Tanto per fare un esempio per quanto riguarda le auto che non sono mai di lusso, possiamo elencare: la Toyota Yaris con una potenza variabile tra 52 e 82 Kw a seconda del modello; la Volkswagen Golf con una potenza variabile tra 63 e 180 Kw; la Opel Corsa da 51 a 110 Kw e la Astra da 66 a 147.
Auto storiche
La terza categoria di auto che generano sospetti al fisco sono le auto storiche. E questo perché, a volte, mantenere un’auto “datata” è molto più oneroso rispetto ad una nuova o comunque di recente fabbricazione.
Per auto storica si intende un mezzo in grado di circolare ma del quale sia stato riconosciuto il valore storico. Esso viene iscritto al Pra e deve aver ottenuto il certificato di rilevanza storica e collezionistica.
Auto d’epoca
Chiudono il cerchio delle auto sospette per il fisco le auto d’epoca, quelle cioè iscritte in uno specifico elenco istituito presso il dipartimento dei trasporti e non in grado di circolare (pertanto sono radiate dal Pra). Per queste, dopo 30 anni, c’è l’esenzione dal bollo. Ciò nonostante, secondo la Cassazione , tali mezzi sono indici di capacità contributiva, al di là dell’uso che ne viene fatto. Anche se la macchina non è utilizzabile su strada ed è conservata nel garage più per una questione di affezione che non di utilità, essa è comunque un indice di capacità contributiva.
Come per le auto storiche, anche il mantenimento delle auto d’epoca richiede soldi: soldi non tanto necessari per le tasse, quanto piuttosto per la manutenzione, per la benzina, per il garage e la stessa cura che la macchina richiede. Tutto ciò manifesta una «capacità contributiva» ossia una possibilità di spesa ulteriore in capo al contribuente rispetto a una persona qualsiasi.
Vinicio Paselli
Fonte: https://www.laleggepertutti.it/279933_auto-nel-mirino-del-redditometro