L’auto storica è da considerarsi a tutti gli effetti un bene rilevante ai fini del reddito. E’ quello che la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15899 del 26 giugno 2017, ha stabilito, valutando corretto l’accertamento fatto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un contribuente, inserendo l’indice presuntivo nel quale sono state collocate le auto storiche.
La S.C, per arrivare a questa decisione, si è basata sul fatto che il possesso di auto d’epoca non rappresenta una diversità rispetto al possesso di una normale autovettura, e quindi dall’indice di capacità contributiva può essere correttamente desunto l’elemento di valutazione destinato a questo particolare tipo di auto. Questo si ricollega anche al fatto che il consumatore per conservare l’auto in buono stato è disposto anche a spendere ingenti cifre per la manutenzione e per la possibile riparazione dei componenti del veicolo.
I giudici di Piazza Cavour hanno quindi ribaltato quello che era stata la decisione del CTR del Piemonte, i quali ritenevano parzialmente illegittimo l’accertamento, in quanto bisogna considerare questo tipo di auto come facenti parte della categoria di veicoli di interesse storico e quindi non considerabili allo stesso valore delle autovetture ordinarie. Di conseguenza non bisogna inserirle come voce fondamentale all’interno del reddito produttivo, in quanto queste ultime devono essere considerate come veicoli da collezione e beni che non attestano una reale manifestazione di capacità contributiva da parte dei contribuenti. La S.C, quindi, nell’accogliere il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate, ha chiarito come questi beni (sia auto ordinarie che d’epoca) costituisce una presunzione di capacità contributiva da qualificare “legale” ai sensi dell’art. 2728 cod. civ. perché è la stessa legge che impone di ritenere conseguente al fatto evidente di disporre di tale possibilità di uso, la esistenza di una “capacità contributiva”. Tutto questo è stabilito nel principio statuito dalla Cassazione nella sentenza n.1294 del 22/01/2007: “in tema di accertamento delle imposte sul reddito, il riferimento al possesso di autovetture da parte del contribuente, contenuto nei c.d. redditometri, deve intendersi esteso anche alle auto storiche, non rinvenendosi in dette disposizioni alcuna precisazione o restrizione al riguardo, e rappresentando tale circostanza un idoneo indice di capacità contributiva, dal quale possono correttamente desumersi elementi di valutazione, nell’ambito dell’apprezzamento riservato al giudice di merito, come fatto al quale notoriamente si ricollegano spese a volte anche ingenti: non appare, infatti, estraneo alla cultura dell’uomo medio il fatto che le predette autovetture formano oggetto di ricerca e collezionismo fra gli appassionati di tali beni, che per gli stessi esiste un particolare mercato e che secondo l’id quod plerumque accidit, la manutenzione di veicoli ormai da tempo fuori produzione comporta rilevanti costi, in ragione della necessità di riparazione e sostituzione dei componenti soggetti ad usura.