(omniauto.it)
Doveva sostituire il Cherokee, invece lo affianca. Con grande successo, ormai da 25 anni
Ci sono automobili, prodotti in generale, che sono magnifiche invenzioni del marketing, casi di scuola da far studiare agli studenti di economia. E poi ce ne sono altri che, semplicemente, “scoppiano” in mano all’azienda che li ha commercializzati, superando ogni più rosea previsione di vendita. Di più, capita addirittura che un modello venga pensato con uno scopo ben preciso, per poi cambiare “destinazione” e posizionamento in corso d’opera. E’ questo il caso del Grand Cherokee (ora arrivato alla quarta generazione), il cui progetto, inizialmente, è quello della nuova generazione di questo modello. Se non fosse che a un certo punto qualcuno si rende conto di due cose: la prima è che il Cherokee vende ancora un gran bene e sostituirlo sarebbe un peccato. La seconda è invece il salto di categoria fatto dai progettisti. Ecco che quindi a qualcuno viene la brillante idea di aggiungere un “Grand” davanti al nome e allargare la gamma della Jeep. Siamo all’inizio degli anni Novanta (anche se la progettazione è iniziata molto prima) e il lancio nei concessionari è del 1992. Il resto è storia.
Più grande, più curata, più tutto
Eh sì, in Jeep si trovano, a lavoro compiuto, di fronte a qualcosa di superiore a quanto preventivato. O meglio: in Ford sono già sul mercato, dal 1990, con la Explorer e il progetto che viene portato a termine da ingegneri e designer per sostituire il Cherokee viene giudicato, dai vertici di Chrysler (che nel frattempo aveva assorbito il marchio Jeep da American Motors Corporation), degno di mettersi in diretta concorrenza. Un’intuizione quanto mai azzeccata, perché nel suo primo anno pieno di commercializzazione questo modello viene venduto in 200.000 pezzi e tocca il record di 300.000 nel 1999. Per diversi anni non è “solo” il più venduto della gamma, ma è una vera macchina da soldi per il Gruppo Chrysler, al punto che se Mercedes decide di fare con essa una fusione (nel 1998), è grazie anche ai risultati economici garantiti dal Grand Cherokee. Successivamente, con l’ulteriore allargamento della gamma verso il basso (ultima, in ordine di tempo, la Renegade), questo modello perde il suo primato all’interno del brand Jeep, mentre l’arrivo di tantissime concorrenti – in particolare dei brand premium tedeschi – ne limita i volumi in senso assoluto.
Un debutto scenografico
Il debutto del Grand Cherokee, in pieno stile americano, avviene al Salone di Detroit del 1992, con il boss di Chrysler in persona, Bob Lutz, che si presenta al volante di un esemplare di fronte all’ingresso principale della fiera. Le vendite iniziano dopo un paio di mesi, in primavera, nei due allestimenti Laredo e Limited, con trazione posteriore o integrale (inseribile o permanente). Dotata di airbag lato guidatore e di ABS, per l’epoca è molto ben accessoriata, anche perché non mancano ovviamente aria condizionata e quattro vetri elettrici. I motori? Un 4.0 benzina da 190 CV, a cui nel 1993 si aggiunge un più robusto 5.2 V8 da 220 CV. La formula del SUV di lusso piace e, come scritto sopra, già nel 1993 viene superata la quota di 200.000 esemplari venduti, 212.410 per la precisione. Va ancora meglio nel 1994, con 238.390, grazie anche all’affiancamento, per la produzione, dello stabilimento di Graz, in Austria. Nel 1998 la gamma si allarga a un 5.9 V8 da 245, ma la carriera della prima generazione sta per giungere al termine. Diesel? Certo, il 2,5 litri 4 cilindri by VM, accreditato di 115 CV.
La seconda, ancora più stradale
Che gli sport utility vehicle siano destinati al successo, almeno in America, è già una certezza a metà degli anni Novanta. In Jeep non perdono tempo e già nel 1999 sono pronti con il nuovo modello di Grand Cherokee, ottimizzato per l’uso su asfalto. Ecco dunque un nuovo retrotreno, lo spostamento della ruota di scorta al di fuori dell’abitacolo, sotto il piano di carico, e una grandissima cura per il contenimento della rumorosità. I motori sono il 4.7 V8 da 235 CV e il 4.0 sei cilindri in linea da 195 CV, mentre la trasmissione può contare sul nuovo schema Quadra-Drive 4WD. Cresce anche la cura per i dettagli e per la sicurezza, come dimostrano gli inserti in vero legno, gli airbag a tendina e i cerchi da 17”. Quanto ai diesel, fino al 2002 viene utilizzato il 3.1 VM da 140 CV, mentre dal 2003 il più efficiente 2.7 5 cilindri Mercedes da 163 CV migliora le prestazioni riducendo i consumi. Nel frattempo, anno 2000, il modello taglia il traguardo dei due milioni di esemplari prodotti.
La terza generazione e la voglia di sportività
Per quanto il Grand Cherokee abbia sempre avuto la scocca portante, è con la terza generazione che si assiste alla svolta dal punto di vista della guidabilità. Grazie a un assetto molto più piatto e preciso fra le curve (al quale contribuiscono lo sterzo a pignone e cremagliera – non più a circolazione di sfere – e le sospensioni anteriori indipendenti), risulta quasi divertente, ma riesce comunque ad assicurare prestazioni di assoluto rilievo in offroad. La virata verso lo sport è testimoniata anche dall’arrivo di “un’arrogantissima” SRT-8 nel 2006: 6,1 V8 Hemi da 420 CV, quanto basta per farla scattare da 0 a 100 km/h in meno di 5 secondi. All’estremo opposto della gamma si posiziona il diesel, che però è più “nobile” che in passato: si tratta del V6 3 litri Mercedes da 215 CV. La terza generazione è più longeva delle prime due, ma dopo sei anni anche per lei viene il momento di farsi da parte: nel 2010 arriva il modello attualmente in commercio.
autore: Adriano Tosi – omniauto.it – 11/06/2017
http://www.omniauto.it/magazine/46253/jeep-grand-cherokee-la-storia